Home Attualità Referendum sul Rdc, ennesimo flop per Matteo Renzi

Referendum sul Rdc, ennesimo flop per Matteo Renzi

by Romano Franco

La controversa rivoluzione di Renzi “contro i mulini a vento” non trova pace, sono memorabili le campagne del leader di Italia Viva finite controcorrente nel tempo. Fortuna che, almeno questa volta, ci ha risparmiato le sue false promesse di dimissioni dalla politica in caso di fallimento.

Non vi è stata alcuna mobilitazione per la raccolta di firme per il Referendum sul Reddito di cittadinanza tanto ambito dall’ex premier.

Nella bacheca della sua e-news del 9 agosto Renzi rilanciava la sua campagna contro l’Rdc prevedendo “una straordinaria mobilitazione di Italia Viva, comune per comune, casa per casa”.

Al termine delle feste e delle splendide vacanze fatte su un sontuoso Yacht, il senatore di Italia Viva ha iniziato questa raccolta di firme con scadenza il 30 settembre. La scadenza è oramai alle porte ma pare che non ci siano ancora sottoscrizioni da presentare al vaglio della Corte di Cassazione per validare la consultazione contro il Reddito di cittadinanza.

Ma Italia Viva si giustifica così: “Come per tutti i referendum bisogna prima depositare il quesito alla Corte e poi iniziare la raccolta di firme. Per quest’anno non era più possibile fare in tempo per i referendum di primavera”, ma “faremo tutto”.

L’omelia di Renzi contro il Reddito recita: “Noi siamo per dare una mano a chi non ce la fa. Ma pensiamo che sia sacrosanto che la prima mano ciascuno se la dia da solo, mettendosi in gioco. Se poi uno fallisce, lo Stato deve aiutare”, si legge nell’appello via web. “Ma l’idea che si parte dalla certezza di un reddito in quanto cittadini e questo permetta di rifiutare la fatica dell’impegno in nome della pigrizia del sussidio è insopportabile”, incalza Renzi nel suo discorso motivazionale.

E’ un discorso facile per chi non ha mai fatto un giorno in cantiere, nei campi, chi non ha mai lavorato come stagista o tirocinante, troppo facile per chi non viene chiamato solo quando serve e che viene retribuito anche se dice castronerie.

Non tutti vengono assunti per merito di un’università prestigiosa, per una buona referenza o grazie ad un’azienda di famiglia, caro Matteo Renzi.

Ecco perché il Reddito di Cittadinanza deve essere affiancato dal salario minimo e da proposte di impiego sociale, come la pulizia delle strade, dei litorali, ausilio ad anziani e a categorie fragili, babysitting a quei genitori che non possono permetterselo e tanto altro ancora.

L’Rdc non deve essere uno stipendio per i più poveri, ma un trampolino di lancio per la ricerca di un impiego legale, sicuro e gratificante.

Ad occhi esperti la tattica di Renzi era colpire il Reddito di cittadinanza nel momento più debole dei cinquestelle per eliminare uno strumento che, in maniera “subliminale”, stimola stipendi più alti dopo anni in cui erano stati resi alla fame dalle politiche precedenti.

E’ chiaro che Renzi non si potrà mai muovere a favore dei lavoratori, lui che per i datori ha già fatto così tanto. Eliminando l’art.18 e introducendo contratti precari pagati in voucher, permettere la sopravvivenza di uno strumento che ti permetta il “lusso” di rinunciare ad un lavoro di schiavitù potrebbe sembrare un vero reato per il senatore di Rignano.

Ma si sa, il Rottamatore, da sinistra, si è immolato sempre per battaglie di destra o al massimo di centro. Andare fuori dai ranghi e accettare uno strumento che possa arginare in qualche modo il problema povertà assoluta è una bestemmia per Matteo Renzi.

Ma la sua popolarità, oramai, è rimasta solo un ricordo di tempi già andati, e quella quota ferma a 4.852 sottoscrizioni online, lui che era arrivato al 40% alle europee, impartisce una grande lezione al leader di Italia Viva. Le politiche opportuniste e ipocrite prima o poi vengono a galla e ti trasformano da Rottamatore in auge a Rottamato in pensione.

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