Sono tanti gli aspetti messi in dubbio dall’esecutivo targato Mario Draghi, il primo fra tutti è l’aspetto democratico. La voce di Draghi è legge, senza se e senza ma. E chi si oppone o chi cerca di criticarlo viene attaccato da ogni fronte, politica, giornali e dai sudditi dell’ultima ora, dando l’idea di essere in un regime abbastanza particolare.
E’ stato detto più volte, anche sulla nostra testata, che in periodi di assoluta incertezza la figura del “dittatore”, ovviamente non sanguinario, sarebbe stata una possibile soluzione; date anche le circostanze messe in atto dai nostri vari politicanti per lo più mossi dal proprio interesse.
Si pensi alla “Res Publica”; quando i due consoli andavano in guerra o quando vi erano epidemie o lotte intestine, veniva istituita la figura del dittatore e, con il suo potere decisionale infinito, era utile per rimettere in ordine le cose senza obiezione alcuna.
E quello che sta accadendo oggi in Italia, purtroppo però, a differenza dell’antica Roma, questa figura istituzionale non è stata dichiarata da nessuno ma ha quasi gli stessi poteri.
Si tratta del migliore, Mario Draghi, il più valido in campo economico, sociale, di diritto, alto, bello e dalla dentatura perfetta… un vero dio, almeno così viene definito dalla maggior parte dei giornali.
La conferma di quanto detto e della democrazia che va sempre più scemando è stata data più volte dagli atteggiamenti del premier in carica. Ed è proprio la sua maggioranza a farne le spese. La Lega sul green pass e i cinquestelle sulla riforma della Giustizia, tanto per dirne due all’ordine del giorno.
Il Parlamento, non più organo sacro, è stato trasformato ad uso e consumo come una piazza del popolo dove si parla e si discute, ma alla fine chi decide è sempre e solo lui.
Insomma, Draghi fa come gli pare, con la scusa del “messia” venuto a salvare l’Italia dalla pandemia, si permette il lusso di insultare Erdogan, così tanto per, e di sequestrare i vaccini Astrazeneca già pagati dall’Australia creando diatribe internazionali fine a se stesse, della serie una ne pensa e cento ne combina.
Ma non finisce qui, perché il valido Draghi che disse all’inizio della pandemia di fare più debito non si è di certo risparmiato in quell’ambito e ha lasciato un buco di oltre 237 miliardi di euro, dato in gran parte ad aziende private, battendo di gran lunga il precedente record dell’ex premier rimasto indietro a soli 131 miliardi nel 2020.
Ma nessun problema miei cari signori, il buon premier, legato a doppio filo con l’alta finanza, della quale non ha mai criticato l’opportunismo e i proventi fatti durante e a causa della pandemia, ha la soluzione: attirare investitori, stranieri e non, con finanziamenti alle imprese private e limare ancor più i diritti dei lavoratori per ingolosire le multinazionali.
E’ questa la ricetta Draghi. E anche se il Pil tornerà a rombare ci ritroveremo con sempre meno diritti e sempre più discrepanza tra ricchi e poveri.
Però dai, nessuna paura, SuperMario si è definito un “socialista liberale”, e poco importa se la privatizzazione selvaggia avvenuta nel 1992, che ha dato campo libero ai vari Soros, Benetton e company, per mettersi in tasca sempre più soldi, ha reso al degrado un settore pubblico che ci invidiavano in tutto il mondo. A cominciare dalla Sanità, resa oggi un colabrodo a causa dei proventi sempre più utilizzati dai privati.
La formula Draghi iniziata nel 1992 e proseguita 29 anni dopo ci ha condannati al degrado, ma chissenefrega! Era da tempo che non si vedeva un politico di così valida caratura e un personaggio così altisonante a livello internazionale. Ma oggi miei cari “sudditi” Mario è tornato in patria, proprio come un Re Sole, per rimettere a posto le cose e battere ancor più il terreno all’alta finanza, e a chiunque si oppone oggi alle sue politiche, la risposta tra le righe di Draghi è: “L’État, c’est moi!”.