Nell’ottobre del 1919 mancavano poche settimane alle elezioni politiche che si svolsero il 16 novembre.
Gaetano Salvemini, direttore dell’Unità edita a Firenze, era propenso a candidarsi nelle file del movimento combattentistico. Una presenza politica derivante da mesi di trincea e che coinvolgeva milioni di uomini: i reduci dalla guerra, unitamente ai mutilati e feriti, si stavano organizzando definendo un’ipotesi di soggetto politico. Nasceva così l’Associazione nazionale combattenti.
In molti comuni già dal novembre 1918 si costituivano sezioni dei combattenti e dei feriti e mutilati rappresentate da soldati anziani, congedati prima della fine delle operazioni belliche.
Salvemini, per un ventennio socialista, storico e docente universitario, nella crisi della società italiana, a conclusione del conflitto, sul quindicinale che raccoglieva autorevoli collaboratori indicò nuovamente l’alleanza degli operai del nord con i contadini del meridione per un rinnovamento della società. Critico della impreparazione politica dei partiti nazionali, della piccola borghesia meridionale sempre a caccia di favori e di facili arricchimenti, Salvemini si schierò con il nuovo partito dei combattenti. Pur ritenendo i combattenti politicamente eterogenei, lo storico molfettese stilò un programma democratico/riformista. Così il direttore dell’Unità fiorentina, aderì all’invito di Nicola Favia di candidarsi nella lista dei combattenti. Per il carattere scontroso e rude Salvemini non era accettato da esponenti baresi del movimento ma, imposto da Favia, all’epoca delegato regionale dell’Anc, ottenne il secondo posto in lista. Alle urne gli elettori sperimentarono la legge proporzionale approvata dal governo Nitti. Le novità erano già nel primo articolo: l’elezione dei deputati si svolgeva a scrutinio di lista con rappresentanza proporzionale. Il territorio nazionale venne diviso in 54 collegi per eleggere una rappresentanza di 508 deputati. Il senato era di nomina regia.
Votarono, oltre ai ventunenni, anche giovani inferiori di età per meriti di guerra. La Puglia viene divisa in tre collegi, quante erano le province. Ventotto i deputati da eleggere: 12 a Bari, 6 a Foggia, 10 a Lecce. Il movimento combattentista era presente in 21 collegi e conseguì il 4,1% e 35 deputati.
L’elmetto era il simbolo dei combattenti nel collegio di Bari con la lista composta da nove candidati. Nicola Favia, membro del Comitato centrale dell’Anc, era il capolista. Trani candidati, oltre anGaetano Salvemini, Eugenio Azimonti e Vincenzo Orlandi, quest’ultimo non eletto deputato per un pugno di voti. I tre parlamentari eletti della lista dei combattenti di Bari furono Favia, Salvemini e Guaccero.
Carlo Maranello, geografo e studioso, commenterà sul Corriere delle Puglie: “Quando non si adottino sistemi elettorali quali quelli giolittiani ora universalmente deplorati, è possibile una lotta politica senza violenze, senza sopraffazioni, senza brogli e, diciamolo pure, senza che necessariamente debbono riuscire soltanto i candidati del governo”.
Sabino De Nigris