La ricetta Meloni è stata svelata. Il Cdm era stato “prioritariamente convocato per l’approvazione della Nadef, propedeutica alla definizione della legge di bilancio. Riusciamo per il 2022, grazie all’extragettito Iva di un terzo trimestre favorevole che prevede uno 0,5% di Pil in più, a liberare circa 9,5 miliardi già per la prossima settimana, che vorremo utilizzare sul caro energia”. E’ questa la risposta di Giorgia Meloni alla crisi energetica.
Sebbene la mossa sia un po’ timida, finalmente il governo Meloni si muove ed enuncia le proprie ricette. “Faccio appello al Parlamento che approvi il testo al più presto”, dice Meloni.
“Per il 2023 immaginiamo un indebitamento al 4,5% che poi andrà a scendere fino al 3% nel 2025, così liberiamo 22 o 23 miliardi di euro che ugualmente destiniamo in via esclusiva al caro energia”, spiega la premier. “Sono oltre 30 miliardi di euro fino a fine 2023 per far fronte alla crisi energetica”.
Considerando il fatto che la Germania abbia messo sul piatto 262 miliardi di euro, la Francia 71,6 e l’Italia di Mario Draghi 62,6, i 30 miliardi di euro della Meloni nel 2023 non sembrano poi così tanti. Ma in parte dipende da come vengono usati.
In un comunicato di Palazzo Chigi si legge che “il Consiglio dei ministri ha approvato la proposta per la Nadef (Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza) da presentare alle Camere per chiedere l’autorizzazione allo scostamento di bilancio necessario per gli interventi contro il caro energia. La relazione fissa come obiettivi programmatici un deficit previsto al 4,5% nel 2023, al 3,7% nel 2013 e 3% nel 2025. Rispetto agli obiettivi di sostenibilità della finanza pubblica si conferma una discesa del rapporto debito Pil da circa il 150% del 2021 a poco più del 140 del 2025”.
Meloni dà il via libera a nuove estrazioni in mare. “Abbiamo approvato un’altra misura che riguarda il tema dell’energia, per liberare alcune estrazioni di gas italiano favorendo concessioni già in essere o nuove concessioni, chiedendo ai concessionari di mettere a disposizione in cambio, da subito sin da gennaio, gas tra 1 miliardo e 2 miliardi di metri cubi, da destinare alle aziende energivore a un prezzo calmierato”.
Sempre riguardo al gas, secondo Meloni “il prezzo del gas sta scendendo”, ma “non durerà molto se non ci saranno segnali seri e concreti” provenienti dall’Europa. “L’ultimo Consiglio europeo ha fatto registrare passi in avanti”, e “il 24 novembre ci sarà un nuovo consiglio dei ministri dell’energia. Speriamo in determinazioni più concrete. Ieri abbiamo acceso molto i riflettori” sulla necessità di “risposte concrete”, ha aggiunto la premier.
Il prezzo del gas è sceso poiché i serbatoi erano stati riempiti qualche mese fa per l’inverno, che ha tardato in maniera evidente ad arrivare quest’anno.
Il freddo però porterebbe drasticamente ad un aumento della domanda e, di conseguenza, del prezzo del bene.
Il viaggio in Europa, però, non è stata solo una visita turistica per Giorgia Meloni. La sua devozione alla causa Ucraina e alla prosecuzione della guerra dovevano essere ufficializzate per Bruxelles e Giorgia Meloni, come altri prima di lei, si è piegata al volere di Bruxelles andando incontro agli interessi italiani.
Le industrie di armi per Meloni sono sempre alla porta e la necessità di rimarcare la politica estera di Mario Draghi era un diktat delle Lobby.
Meloni ha spiegato però che l’Italia resterà “nella sua dimensione occidentale”, come se Turchia, Israele e Co si fossero mai distaccate dalla Nato, nonostante la neutralità nella guerra.
“Lavoriamo per mantenere tutti gli impegni internazionali. Al di là delle sfumature” io “non prevedo problemi” nella maggioranza che ha sempre votato “seriamente a sostegno della causa ucraina”.
Poi Meloni parla con orgoglio della legge liberticida fatta sulle occupazioni abusive, che possono essere anche scuole, uffici, aziende o qualsiasi suolo pubblico, e organizzazione di raduni illegali, cioè non dichiarati.
Un qualsiasi sciopero o manifestazione non dichiarata potrebbe finire nel mirino grazie a questa legge ma Meloni ne parla con orgoglio. “Sul decreto legge sui rave, il governo – dice Meloni – è pronto ad accettare modifiche costruttive ma su un punto non c’è discussione: Vogliamo impedire che non si rispettino le leggi dello Stato italiano. La storia di chi non vuole rispettare le leggi è finita. E se qualcuno, sui rave, ha norme migliorative lo ascoltiamo ma no a polemiche pretestuose”.
Ma mentre da una parte si cerca di distrarre l’attenzione con leggi molto radicali, l’anno che verrà è costellato di problemi. La Nadef prevede una crescita del Pil dello 0,6% “inferiore rispetto a quella che poteva essere la previsione più ottimistica”, ha annunciato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.
Il deficit passerà dal 3,4% tendenziale al 4,5% programmatico. Prevista dal governo anche “una discesa del debito costante fino a 141,2% nel 2025”, ha aggiunto. Per quanto riguarda il prezzo del gas per il ministro dell’Economia, rispetto all’attuale riduzione del prezzo, per i prossimi mesi non ci sono previsioni ottimistiche.
Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Picchetto, ha anche detto che l’Italia potrebbe avere in futuro una quantità di 15 miliardi di metri cubi sfruttabili nell’arco di 10 anni.
L’emendamento sulle trivelle dovrebbe prevedere “il rilascio di nuove concessioni tra le 9 e le 12 miglia, in deroga al decreto legislativo del 2006 che invece precludeva nuove attività in materia di idrocarburi nelle aree marine protette e nelle 12 miglia da dette aree e dalla costa”.
La deroga è prevista solo con riferimento “a siti con elevato potenziale minerario (riserva certa superiore a 500 milioni metri cubi) e a condizione che i titolari delle nuove concessioni aderiscano a sostegno dei clienti finali industriali a forte consumo di gas” a prezzo calmierato.
Si può estrarre idrocarburi da pozzi – è scritto nella norma – “nel tratto di mare compreso tra il 45° parallelo e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po, a una distanza dalle linee di costa superiore a 9 miglia”, conclude il ministro.
Insomma alcune ricette sembrano buone altre un po’ meno, ma cosa certa è che un primo passo per cercare di arginare la crisi del gas è stato fatto, anche se timido.
Si spera che il governo Meloni non si culli su questi piccoli risultati poiché la prima battaglia contro la crisi è appena iniziata ma la resistenza contro l’inflazione e l’impoverimento del Paese è appena cominciata.