Ho ucciso un uomo e mi hanno perdonato. Ho amato un uomo e mi hanno condannato.
In un libro targato Mondadori viene descritta una delle realtà sportive più maschiliste. Un ring, un ring famoso: il Madison Square Garden di New York, 24 marzo 1962. Emile Griffith ha ventiquattro anni. Il pugilato è la sua grande passione. Ha davanti Benny Paret, soprannominato The Kid. Paret non sa ancora che quello sarà il suo ultimo combattimento.
E’ il terzo incontro tra i due pugili. La posta è alta: il titolo mondiale dei pesi welter. Poco prima dell’incontro, Griffith è oggetto di pesanti insulti personali da parte di Paret. Quest’ultimo apostrofa il suo rivale “maricon”, frocio nello slang spagnolo.
Non esiste insulto più grande. E’ ancora un anno difficile il 1962 per il riconoscimento di certi diritti. Il combattimento fu sicuramente tra i più duri e feroci, complice anche una criticatissima conduzione dell’arbitro.
Le telecronache riportano la dodicesima ripresa fatale per Paret. Colpito dall’avversario ben ventinove volte in rapida successione, finirà con un knock-out tecnico.
Paret entra subito in coma. Morirà nove giorni dopo.
Una storia importante In un mondo di maschi, il nuovo libro di Donald Mcrae, sudafricano noto per le sue biografie di personaggi della vita sportiva internazionale.
Oggi la boxe sembra aver smaltito le tossine di quell’incontro di tanti anni fa. Il pregiudizio, certe matrici omofobiche e sessiste, sono però sempre in agguato. Nello sport come nella vita.