Home Attualità Piercamillo Davigo dovrà comparire davanti al Gup di Brescia per “rivelazione del segreto d’ufficio”

Piercamillo Davigo dovrà comparire davanti al Gup di Brescia per “rivelazione del segreto d’ufficio”

by Rosario Sorace

Per una sorta di legge del contrappasso dantesco, Piercamillo Davigo, si dovrà presentare davanti al Gup (Giudice dell’Udienza Preliminare) di Brescia sul caso dei verbali giudiziari di Amara sulla presunta esistenza della Loggia Ungheria.

Tale procura ha indagato e rinviato a giudizio il “dottor sottile” insieme al Pm Paolo Storari che dovranno comparire davanti al giudice per il fatto di aver commesso il reato di “rivelazione del segreto d’ufficio” sui verbali di Amara.

Tale richiesta di rinvio a giudizio è stata firmata dal procuratore di Brescia, Francesco Prete e dal pm Donato Greco che hanno già fissato per la settimana prossima in sede di chiusura indagini per interrogare il procuratore aggiunto milanese Fabio De Pasquale e del pm, che ora in servizio alla procura in Europa, Sergio Spadaro.

Adesso risultano indagati per rifiuto d’atti d’ufficio per la gestione di Vincenzo Armanna, il quale è il principale ‘accusatore’ nel processo per il caso Eni Nigeria.

Un intricato groviglio giudiziario proprio per menti assai sottili, in cui l’ex consigliere del Csm, già magistrato in pensione, Piercamillo Davigo, sarà chiamato a rispondere davanti agli ex colleghi.

La vicenda che riguarda Davigo e il sostituto procuratore di Milano Storari trae origine dalla diffusione dei verbali di Piero Amara sulla presunta Loggia Ungheria.

Nell’aprile del 2020 il Pm milanese Storari consegnò i verbali dell’ex legale esterno di Eni, che erano stati resi tra dicembre 2019 e gennaio 2020, all’allora consigliere del Csm per una “forma di autotutela”, come poi ha affermato lo stesso Pm, in modo da evidenziare l’inerzia dei vertici della Procura “nell’avvio” delle indagini su quelle dichiarazioni.

Adesso la procura di Brescia ha contestato a Storari di essersi mosso “al di fuori di ogni procedura formale”, quando decise di consegnare i verbali di Amara a Davigo.

Storari si è difeso dicendo che lo fece per “segnalare un asserito ritardo nelle iscrizioni e nell’avvio delle indagini” sulla loggia Ungheria. Tuttavia i Pm di Brescia sostengono che operò “comunque in assenza di una ragione d’ufficio che autorizzasse il disvelamento del contenuto di atti coperti dal segreto investigativo”.

In tal modo oggi i magistrati di Brescia ritengono che il pm avrebbe violato “i doveri inerenti alle proprie funzioni” e abusato della “sua qualità”.

“Siamo assolutamente sereni riguardo alla nostra posizione che porteremo davanti al giudice dell’udienza preliminare, confidando che la totale innocenza venga dimostrata nelle varie sedi giurisdizionali”, dichiara l’avvocato Paolo Della Sala, legale di Storari.

In tale vicenda dai risvolti giocati sul filo del diritto e in gran parte inafferrabili per il sentire comune Piercamillo Davigo, invece, avrebbe rassicurato Storari “di essere autorizzato a ricevere copia” dei verbali e dicendogli che “il segreto investigativo su di essi non era a lui opponibile in quanto componente del Csm”.

Secondo il Pm di Brescia avrebbe così “rafforzato il proposito criminoso di Storari” e cosi agendo sarebbe entrato “in possesso del contenuto di atti coperti da segreto investigativo”, fuori da ogni “procedura formale”.

Tale procedura avrebbe violato “i doveri inerenti alle proprie funzioni” e abusato “della sua qualità di componente del Csm”.

E nonostante avesse “l’obbligo giuridico e istituzionale” di impedire “l’ulteriore diffusione” dei verbali, ne “rivelava il contenuto a terzi”.

Non è stata invece contestata la comunicazione che venne fatta al procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi.

Davigo avrebbe diffuso e fatto conoscere ad altri componenti del Csm quali Giuseppe Marra “al solo scopo di motivare la rottura dei propri rapporti personali con il consigliere Sebastiano Ardita”.

E poi, avrebbe anche fatto leggere al consigliere Ilaria Pepe, per “suggerirle di prendere le distanze” da Ardita. E Davigo avrebbe fatto leggere tali verbali anche al consigliere Giuseppe Cascini per “ottenere un giudizio sull’attendibilità” di Amara.

Davigo ne avrebbe parlato al presidente dell’Antimafia Nicola Morra e li avrebbe consegnati anche al vicepresidente del Csm David Ermini che “ritenendo irricevibili quegli atti”, “immediatamente distruggeva” le carte ricevute.

Questo vorticoso giro di diffusione dei verbali si sarebbe consumato anche con la rivelazione del contenuto di quegli atti segreti alle sue collaboratrici al Csm, Giulia Befera e Marcella Contrafatto. E proprio quest’ultima risulta indagata per calunnia dalla procura di Roma con l’accusa di avere diffuso tali verbali.

Ci sono altri filoni dell’inchiesta bresciana che sono scaturiti dalle dichiarazioni dei verbali di Amara e dalle denunce di Storari sulla gestione dei procedimenti Eni e in questi casi la Procura ha chiesto l’archiviazione per l’ormai ex procuratore di Milano Francesco Greco, che era stato indagato per omissione di atti d’ufficio per i ritardi sulle indagini.

Mentre risulta essere ancora aperto il filone nel quale il procuratore aggiunto Laura Pedio è stata accusata di omissione di atti d’ufficio per le tardive iscrizioni sulla presunta loggia Ungheria e per la gestione dell’ex manager dell’Eni Armanna.

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