“Chi sono i cosiddetti tossici? Gli emarginati dalla società, i poco di buono, quelli giudicati male dalle persone considerate per bene… In questo racconto ho provato ad immaginare la vita di queste persone, molto spesso profonde, ricche di idee, piene d’amore e talentuose ma incomprese”.
Si comincia sempre con delle battute. Ridendo e scherzando. In seguito… Ci si finisce dentro. Si passa dalle parole ai fatti. In un solo attimo:
- “Hey Nick che si fa stasera?”, mi domanda il mio amico Simon.
- “Cosa pensi di fare”, gli rispondo io. “Si va in cerca della roba e domani di nuovo la solita storia”.
Io e Simon, i due perdenti, i due emarginati dalla società. Fisicamente simili, alti circa 1,80 cm, di corporatura medio robusta, capelli corti, occhi castani, vestiti in malo modo, con zero ambizioni per il futuro se non quella di riuscire a trovare la dose giornaliera o possibilmente di riuscire ad agganciare la prostituta di turno con una scusa banale per rimediare una semplice scopata con il rischio di prendere una malattia.
Fisicamente simili ma caratterialmente opposti. Ho sempre invidiato la tranquillità e le poche pretese di Simon.
Sesso e sballo e niente di più. Al contrario io ho sempre cercato la spiritualità, insieme alla droga, ma assieme a queste due cose, a fare da contorno, anche una perenne paranoia sfogata attraverso i miei versi e i miei testi.
Perché si, sono un drogato, ma anche un poeta, ed ho sempre messo il sesso all’ultimo posto nella mia vita.
All’inizio eravamo i classici bravi ragazzi di un piccolo paese in provincia di Parma. Si, diversi dalla massa, con pesanti problemi economici e famigliari, ma tutto sommato allineati al sistema.
Una piccola compagnia di amici falliti, un piccolo ritrovo, zero soldi in tasca, ma tante idee da condividere tutti assieme.
- “Nick, ti ricordi i vecchi tempi?”, dice Simon.
- “Si Simon erano bei tempi”, afferma Nick.
Eh si… Non avevamo niente ma avevamo tutto. Avevamo la salute, la gioventù, la voglia di vivere. Non fumavano nemmeno le sigarette. Eravamo io, Simon e Alex, un nostro caro amico che la droga si è portato via tempo fa.
Era un mondo politicamente scorretto guardando il giorno d’oggi, ma eravamo felici. Ci si mandava a fanculo, si andava alle feste di paese, ognuno di noi aveva una parte da recitare in questa cazzo di vita di merda.
Il lavoro non mancava. Io e Simon, che lavoriamo dall’età di 15 anni ce lo ricordiamo bene. Era un film. Meritavano l’oscar come attori non protagonisti.
I drogati non vengono mai presi sul serio. Non vengono ascoltati. Era già tanto ricevere l’oscar per la nostra interpretazione che suscitava emozioni di ogni tipo tra critica e pubblico immaginari, con noi due nel ruolo di attori nella vita reale.
Ma torniamo a noi:
- “Nick come abbiamo fatto a finire in questo tunnel senza fine?”, domanda Simon.
- “Non me lo ricordo”, dice Nick.
Ricordo solo le botte prese da bambino, la mia insicurezza, il mio desiderio di esprimermi pur senza essere mai capito e la voglia di imitare i grandi del passato.
Non c’è mai stata una vera e propria ribellione adolescenziale. Sono rimasto bloccato a quell’età. Mi sono sempre tenuto tutto dentro.
Come un cane legato alla catena, che diventa incontrollabile una volta liberato. Un animale domestico abbandonato nella foresta che diventa preda degli animali più forti di lui.
Poi un giorno per curiosità si cominciano a fumare le sigarette. Ci si sente grandi, ma ancora non basta. Si passa agli spinelli.
Le prime volte è per gioco. Poi si prende il vizio. Cominciano le giornate al parco ad aspettare lo spacciatore.
Giornate interminabili col rischio di essere beccati dalla polizia o di ricevere una fregatura dal pusher. Poi le canne non fanno più effetto e si passa a robe più pesanti.
Pasticche, cocaina, acidi, eroina… E alla fine sei fottuto. La vita dei drogati è sempre la stessa, sempre uguale, ma mai monotona.
Si aspetta lo stipendio. Si pagano le bollette. Ciò che resta è solo per la droga. Quando i soldi non bastano si chiedono agli amici. Prestiti che non verranno mai restituiti.
Qualcuno, chi non lavora, preferisce delinquere o prostituirsi, oppure vendere tutto ciò che possiede.
A volte i drogati invidiano la vita degli spacciatori. Loro hanno sempre la roba e forse hanno meno rischi e sbattimenti dei tossici.
Beati loro. Per fortuna o purtroppo. Il sogno dei drogati è sempre e solo uno: smettere! O in alternativa morire. Nel frattempo cerco la vena per iniettarmi la mia merda, chiudo gli occhi e penso che potrei non svegliarmi più.