Home In evidenza Ogni anno lo Stato perde 107 miliardi per evasione fiscale

Ogni anno lo Stato perde 107 miliardi per evasione fiscale

by Rosario Sorace

La crisi fiscale in Italia sembra proprio un vulnus insuperabile e, senza una vera riforma improntata anche ai severi modelli anglosassoni, questa storia dell’evasione non avrà mai fine. Tra l’altro, abbiamo sempre la continua beffa degli “sconti” fatti agli evasori con: condoni, scudi fiscali e rottamazioni varie.

Sappiamo bene che ogni anno allo Stato mancano 107 miliardi di euro che equivale alla somma delle tasse che milioni di contribuenti disonesti continuano a non versare all’erario pubblico e costringendo a pagare di più a chi paga le tasse fino all’ultimo centesimo.

Ogni nuovo governo c’è sempre la dichiarazione di rito di promettere una dura lotta all’evasione, mentre alla resa dei conti tutto resta immutato e gli evasori campano sonni tranquilli. Cinquant’anni fa il ministro delle finanze socialdemocratico, Luigi Preti, aveva lanciato un innovativo e moderno Progetto Athena che doveva essere un’anagrafe tributaria moderna ed efficiente: “Basterà spingere un bottone e avremo i nomi degli evasori”, aveva affermato baldanzoso il ministro e tuttavia questo strumento si rilevò immediatamente un fiasco totale.

Oggi l’ultimo arrivato, Mario Draghi, promette solennemente nell’intervento sulla fiducia il 17 febbraio 2021 nell’Aula del Senato dichiarando “un rinnovato e rafforzato impegno nell’azione di contrasto all’evasione fiscale”. Tuttavia, appena un mese fa, questa promessa si è rilevata falsa ed è stata smentita dall’ennesimo condono a favore dei furbi di tutte le risme contenuto all’interno delle norme del decreto Sostegni e almeno con tutta onestà (sic!) il premier ha ammesso: “Sì, è un condono…”.

Purtroppo le cifre dell’evasione diventano stratosferiche e sono numeri che mostrano l’inefficienza politica e amministrativa dello Stato: 107,2 miliardi di euro di evasione fiscale di cui 95,9 di mancate entrate tributarie e 11,3 miliardi di mancate entrate contributive.

Non sono cifre inventate ma si tratta della stima ufficiale dell’ultima rilevazione della commissione per la redazione della relazione sull’economia e sull’evasione fiscale e contributiva che è presieduta dall’attuale ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini.

L’evasione è davvero gigantesca, e il 30 giugno 2020 ha raggiunto la cifra di 986,7 miliardi solo di carico residuo delle cartelle esattoriali ancora da riscuotere. Sono naturalmente risorse non riscosse dallo Stato e che lo stesso Draghi con l’intera maggioranza di quasi tutti i partiti presenti in Parlamento ha deciso in parte di condonare lanciando l’ennesimo messaggio negativo alla platea dei contribuenti onesti.

Nel nostro Paese su 60 milioni 359 mila 546 cittadini residenti a fine 2018, solamente 41 milioni 372 mila 851 hanno presentato la dichiarazione dei redditi e appena 31 milioni 155 mila 444 hanno versato almeno un euro di Irpef. A conti fatti la metà degli italiani, pari a 29 milioni 204 mila che sono il 48,38 per cento, risulta senza reddito e dovrebbe cosi vivere o mantenersi sulle spalle di qualcuno altro.

Nessuno riesce a risolvere questo gravissimo problema che, superata la crisi pandemica e con il debito pubblico alle stelle, tornerà ad essere prepotentemente all’ordine del giorno dell’agenda politica. Il tema è antico ampiamente vivisezionato ed è abbondantemente dimostrato che l’amministrazione finanziaria non è affatto una macchina da guerra.

Infatti gli accertamenti fiscali sono spesso grottesche prese in giro; non esiste la riscossione coattiva; la giustizia tributaria è assolutamente inesistente nonché corrosa da scandali e corruzione. Nella mentalità dominante l’evasore ancora oggi viene valutato come una persona abile e capace e certamente non è considerato un soggetto che commette reati contro la collettività.

Alla fine questa classe politica e dirigente si mostra debole e incapace non solo per colpa ma anche per dolo. I politici riescono a raccattare consensi cospicui dagli evasori e, quindi, per fare le riforme della fiscalità generale c’è sempre tempo. Meglio lasciare a quelli che verranno dopo questo compito assai fastidioso e controproducente.

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