Home In evidenza Mario Adinolfi specula sulla morte della Carrà per condannare il suicidio assistito

Mario Adinolfi specula sulla morte della Carrà per condannare il suicidio assistito

by Romano Franco

“Stulti semper gravida mater est”, avrebbero detto i latini sentendo certe dichiarazioni. Mario Adinolfi, conosciuto da alcuni per avere pochissimi meriti, non perde tempo e dopo poche ore dalla morte di Raffaella Carrà si getta a capofitto sulla questione per trarne i suoi benefici.

E così, con le sue campagne denigratorie e senza vergogna, inizia a sputare fango su di chi, a differenza sua, ha fatto la storia dell’Italia; e scrive: “Perché nessun giornale scrive dove è morta Raffaella Carrà alle 16.20 di oggi pomeriggio?”

Dopo aver fatto una domanda irrispettosa su una questione che non importa a nessuno, se non alla pettegola di paese, continua a chiedere quasi in maniera isterica una risposta sul luogo di morte di Raffaella Carrà, come se le persone dovessero rendergli conto di dove muoiono.

Quindi, non rendendosi conto della richiesta assurda, rincara la dose: “Bene, scorrete le risposte in pochi minuti: a Roma, a Roma a casa sua; a Roma in clinica, all’Argentario; Wikipedia scrive a Bologna; Studio aperto ha detto al Policlinico Gemelli; in Spagna; in Svizzera. Otto risposte diverse in venti minuti. Ancora sicuri che non sia rilevante porre la domanda? Ritenete normale che si comunichi la morte con il dettaglio dell’orario preciso e senza il luogo?”

Ma tutto questo gioco di parole è stato ideato per ipotizzare che la Carrà sia ricorsa alla pratica del tanto discusso suicidio assistito. Una pratica che serve in Italia e che oltre confine è legalissima ed umana. Ma secondo Adinolfi si tratta di eresia pura, è molto più umano esigere che i malati terminali muoiano e soffrano tra atroci agonie e che sovraccarichino i propri famigliari delle spese mediche piuttosto che andarsene in maniera dignitosa.

“Una pratica che va contro il volere di Dio”, secondo molti. Ma ancora una volta si evidenzia la limitazione dell’influenza cattolica che non ci permette di vivere seguendo i principi di uno Stato laico e libero dai dogmi del nostro retaggio culturale più ottuso. Inoltre Adinolfi non si ferma qui e continua a ribadire: “E se non fosse andata in Svizzera data la novità della sentenza Cappato? Ancora convinti che la domanda sia priva di interesse giornalistico?”


Così, dopo che qualcuno cerca di spiegare ad Adinolfi che è inopportuno parlare di una persona appena morta per un tornaconto personale, il pokerista, giornalista, o qualunque cosa sia, utilizza l’argomento per parlare anche del ddl Zan.


Ma la richiesta assurda arriva all’ultimo, pretendendo foto di amici e parenti sugli ultimi minuti di vita della Carrà. Come se fosse di dominio pubblico la sua vita privata, andando contro ogni diritto di privacy di una grande donna che ha scelto di nascondere al pubblico la sua malattia:


Insomma, una critica fine a se stessa che non ha né capo né coda. Quasi volesse portare a processo, la Carrà, una donna che ha scelto di morire in maniera dignitosa e discreta lontana dai riflettori.


La speculazione sulla sua morte, centuplica i commenti ricevuti. E nonostante siano tutti negativi e di gente indignata o schifata, quei commenti portano ad una maggiore visibilità. Un guadagno ignobile fatto sulla vita di una grande artista che ancora tutta Italia sta piangendo.

Si spera che Adinolfi faccia un passo indietro sulla polemica insensata messa in atto e che chieda scusa; ma, nonostante il personaggio, la speranza è l’ultima a morire. Riposa in pace Raffaella, non ragioniam di loro, ma guarda e passa.

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