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L’interminabile incubo di Chico Forti

by Rosario Sorace

La vicenda di Chico Forti è ritornata all’attenzione dell’opinione pubblica grazie all’impegno giornalistico delle Iene che hanno riportato in evidenza un fatto di cronaca avvenuto a Miami, in Florida, nel febbraio del 1998 e che ancora oggi turba la coscienza di tanti cittadini i quali si augurano che l’assoluta indifferenza di tutti questi anni da parte delle autorità italiane possa finire.
In realtà sia il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, sia il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Fraccaro, hanno promesso finalmente un intervento concreto e immediato affinchè Chico possa essere liberato e ritornare in Italia dopo 22 anni di carcere in un penitenziario americano. Nonostante la condanna, Chico non ha mai perso la fiducia di poter essere scarcerato e soprattutto dichiarato non responsabile dell’omicidio per cui è stato condannato all’ergastolo.
Infatti l’ex velista e produttore televisivo poteva ritornare anni prima in Italia a scontare la pena soltanto se si fosse dichiarato colpevole mentre si è sempre rifiutato proclamando la sua innocenza. Piuttosto si è detto vittima di una macchinazione della polizia e della giustizia americana che avrebbero deciso di ordire un’azione “punitiva” nei suoi confronti soprattutto dopo che aveva prodotto il documentario “Il sorriso della medusa”, in cui trattava dell’omicidio non chiaro di Gianni Versace ma soprattutto del presunto suicidio del suo killer Cunanan, trovato morto pochi giorni dopo l’assassinio del noto stilista.
In quel video Forti criticava l’indagine portata avanti dagli investigatori e muoveva dubbi sul suicidio dell’assassino di Versace, aprendo un inquietante squarcio sugli interessi mafiosi e criminali nei confronti dell’azienda dello stilista italiano, reo di non essersi piegato ai voleri della criminalità organizzata.
Infatti Chico Forti qualche anno dopo viene coinvolto in quella torbida e agghiacciante vicenda che ormai è abbastanza nota e che lo condurrà davanti alla Corte di giustizia con scarsi indizi che vengono spacciati come prove e che sono totalmente insufficienti per fugare ogni ragionevole dubbio sulla sua colpevolezza. Un delitto, quello del figlio di Tony Pike, dissoluto albergatore di Ibiza, che non ha nessun movente mentre il suddetto era stato truffato da un tedesco, Thomas Knott, poi condannato per questo reato dal tribunale americano. In questa indagine e in questo processo vengono ripetutamente violate le regole e le procedure del diritto penale americano.
In particolare le sentenze negli Usa non sono corredate da motivazioni ma soltanto dall’esito che si sostanzia in colpevolezza o innocenza. Un processo, come hanno ampiamente sostenuto giuristi e magistrati italiani quali Ferdinando Imposimato e Lorenzo Matassa, che presenta gravi vizi procedurali, palesi incongruenze, testimonianze non ammesse, conflitti di interesse, prove a discolpa scomparse e movente inesistente.
Eppure da 22 anni Chico Forti è detenuto in un penitenziario a Miami e, come gli fu detto da chi lo interrogava all’inizio dell’inchiesta, la chiave per uscire dal carcere è stata buttata. In ventidue anni si sono succeduti quattro presidenti Usa e undici presidenti del Consiglio italiani e non si è potuto risolvere questo caso anche diplomatico, a differenza di altri eventi gravissimi e reati provati come ad esempio quello che riguardava il marines americano che in un volo spericolato nel febbraio del 1998 provocò venti morti nell’incidente della funivia del Cermis.
Ora Chico spera ancora di poter riabbracciare da uomo libero i suoi figli ormai giovani e che all’epoca dei fatti erano bambini. Si attende con ansia che le nostre autorità di governo e la nostra diplomazia agiscano con determinazione e convinzione per riportare il nostro connazionale in patria con una richiesta di grazia del sottosegretario Fraccaro alle autorità Usa. Il sogno americano di Chico, cominciato nel 1990 con il Telemike, dove vinse 85 milioni di lire, si è trasformato in un lungo incubo che adesso deve finire.

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