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L’educazione e l’etica, i fantasmi del nostro sistema scolastico e universitario

by Maurizio Ciotola

Nell’osservare e analizzare una società, i comportamenti sociali e le devianze o aberrazioni che essa partorisce, abbiamo il dovere di osservare quelli che, attingendo al lessico degli economisti, possiamo definire i “fondamentali” dell’amalgama sociale.

È indubbio che essi, i fondamentali, le basi di qualsiasi società, di un gruppo o clan, coincidono con l’educazione che la medesima organizzazione sociale decide di darsi.

I termini educativi, intesi in senso lato, hanno negli anni, nei millenni ad esser precisi, inglobato pratiche che di educativo hanno ben poco o comunque, nel loro coesistere con una forma di pura educazione, cercano di imprigionare in schemi predefiniti chi di essi si avvale.

Educare e istruire, tirare fuori il primo, equipaggiare e costruire il secondo.

In entrambi i casi, e con evidente disastro nel secondo, l’educare o l’istruire senza un’etica di riferimento, un esercizio etico da cui siamo motivati nell’ambito del nostro agire, conduce gli individui e conseguentemente la società, di cui fanno parte e sono parte, a muoversi senza alcuna bussola verso il disastro.

Una bussola che risponde a dei punti cardinali non mutabili ad uso e consumo di chi, tale società intende addestrare per mettere a segno i propri obiettivi.

In una società in cui si prende atto che accedere alla conoscenza, all’esercizio delle riflessioni sul proprio e altrui agire, costituisce uno dei fondamenti sociali, va da sé, che il controllo della scuola e dell’istruzione costituiscono il mezzo attraverso cui accrescere o ridurre il livello di consapevolezza dei cittadini.

Questa perdita di coscienza da parte di una sinistra che, della conoscenza e dell’esercizio intellettuale in ogni ambito sociale aveva fatto il suo cavallo di battaglia, è di per sé disarmante.

Nelle scuole e nelle università del nostro Paese, l’educazione e l’etica costituiscono un fantasma, cui invero, per alcuni anni si è cercato di dare forma e sostanza, ma verso cui, negli anni nessuno ha più voluto investire, per tornaconto e volontà esplicite.

E’ impensabile che le nostre scuole e le nostre università, non partecipino in modo centrale e sostanziale a questa crescita sociale.

Gli strumenti “tecnici” di conoscenza, cui tali istituzioni si apprestano a dotare i loro studenti, ancorché cittadini, restano privi di riferimenti etici.

Riferimenti cui chiedono di seguire gli ordini professionali, ove gli stessi ex studenti verranno accolti, almeno sul piano formale.

Un’etica deprivata da quella sostanza, cui solo l’educazione è in grado di dare.

Non è l’assenza di istruzione o almeno non è solo quella, che determina prassi e pratiche illegittime e illegali, mafiose, in cui i clan e i vertici deviati di aziende e istituzioni, costituiscono il centro di riferimento e imposizione.

Quanto il risultato dell’assenza pianificata di una educazione e di un esercizio etico, che nelle nostre scuole e università, dovrebbero costituire il faro di riferimento nell’intero ambito educativo e formativo, per divenire prassi in quello produttivo.

Un Paese civile che vuol uscire dalla sua condizione medioevale, ha il dovere di non affidare l’educazione e l’etica a riferimenti morali, cui il “clero” religioso e quello politico, ha abusato disattendendo i riferimenti essenziali e centrali della propria religione o ideale politico.

Il medioevo del terzo millennio è alle porte, perché grazie a quel ritirarsi pianificato dell’educazione sociale ad opera di uno Stato laico, la morale religiosa e politica ha voluto costituire il sostituto improprio a quella forma etica, cui tutti avremmo invece dovuto riferirci e attingere.

Solo grazie a quella consapevolezza etica, in misura cosciente avremmo potuto far riferimento alternativo e non esclusivo alla morale religiosa e politica.

Ma l’aver estromesso e allontanato quell’esercizio etico, cui ognuno avrebbe potuto e dovuto mettere in campo nel proprio agire, ha consentito la permeazione di un moralismo distorto o la sua negazione aprioristica.

È divenuta preponderante l’affermazione di un cinismo, uso a giustificare atteggiamenti, disastri e aberrazioni, cui grazie al libero arbitrio l’umanità ha saputo portare a termine in virtù di una scelta specifica, e che l’assenza di un’etica non ha consentito di contrastare.

L’etica non può restare un ambito cui alcuni fanno riferimento, perché dotati di strumenti individuali e conoscenze particolari, quell’etica è solipsistica, chiamata a generare eccezioni cui tutti additano, ma cui nessuno o pochi aderiscono.

Altresì quell’etica socratica, cui forse alcuni di coloro che hanno studiato filosofia hanno interiorizzato, deve divenire elemento condiviso in ambito scolastico e universitario, nelle forme e nella misura compatibile agli ambiti in cui essa è rivolta.

Da questi fondamentali, su queste basi potremo non solo edificare una società, quanto tenerla in piedi in un virtuoso esercizio individuale che procurerà benessere e ricchezza in misura equa e condivisa, con la riduzione, se non eliminazione, delle marginalità sociali.

E se in questa fase rivoluzionaria che oggi viviamo, ci apprestiamo solo a mutare un sistema produttivo senza ridisegnare quello istruttivo, per farlo evolvere verso uno educativo, è certo che ci apprestiamo solo a porre delle pezze, senza ridisegnare dalle fondamenta il costrutto sociale.

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