Quello che mi colpisce di più dell’affermazione perentoria netta del governatore De Luca, ovvero uno degli uomini di punta dell’esperienza amministrativa di questi trent’anni del Pds prima e del partito democratico poi, è che pare senza appello.
Un aggettivazione che non lascia spazio a molti equivoci: “Il partito é Stato guidato per 15 anni da un gruppo di miserabili” tutta l’esperienza e anche i successi del partito democratico vengono ridotti a poltiglie per via dell’inchiesta giudiziaria, che certamente lascia assai sgomenti non tanto e non solo per gli atti corruttivi che in sé rappresentano qualche cosa di non inedito ma di sconvolgente perché registrano la vulnerabilità delle istituzioni europee dinnanzi al potere finanziario straniero, quanto al giudizio che coinvolge un’intera politica dell’intera classe dirigente che mette a nudo la fragilità e l’inconsistenza del progetto partito democratico che pure nel suo atto fondativo cercò di essere la sintesi fra il pensiero politico riformista e l’impronta liberal-democratica cercando di superare la semplice vulgata della fusione fra gli eredi spennati del comunismo italiano e la frazione sopravvissuta della democrazia cristiana che non intendeva schierarsi con la destra democratica.
Nella sintesi di De Luca naturalmente c’è nelle intenzioni una presa di distanza netta dalle prassi compromissorie della politica con il potere, in questo caso finanziario, quando é abbastanza scontato che come occorse nel 1992/4 queste prese di distanza rischiano sempre di essere smentite dai fatti perché, pur senza dover scendere a patti compromissori o di corruzione nei confronti della amministrazione pubblica, ha a che fare con il mondo degli affari e i partiti politici, tanto più quelli di Governo, rappresentando uno Stato fragile e dominato dal potere della finanza hanno altrettante strumentazioni fragili per contenere e difendersi da questo strapotere.
Semmai tutta la vulgata antipolitica e l’esaltazione dell’azione demolitrice della Magistratura ha aperto la strada a questa fragilità del sistema e dei partiti; quando toccó a noi gli imputati di oggi stavano nella prima fila dei moralisti e censori, organizzavano gazzarre di fronte alle sedi di partito ed alle abitazioni private dei politici, i primi a prendere distanze con vistosa mancanza di solidarietà interna furono proprio gli esponenti stessi del Partito Socialista.
La Storia offre le sue “dure repliche” per dirla con il Filosofo di Treviri, ed offre occasioni di riflessione assai più profonde e doverose dell’ assuefazione nella cronaca quotidiana.
Non sarà il semplice richiamo ad un doveroso rigore morale a risollevare le sorti di una parte politica che per ristrutturarsi ha bisogno di una enorme catarsi simbolica.
Vista da lontano non possiamo che salutare questo doveroso bagno nel realismo come necessario, nessuno avrebbe voluto che accadesse ad altri quelli che è accaduto a noi.
Ma ora che è accaduto non possiamo che provare a ricucire le ferite del passato, se qualcuno darà prova del fatto che la lezione é compresa.
É l’unica ragione per la quale in un clima di divisione interna fra i socialisti ho intenzione di dire pubblicamente a quel gruppo dirigente che in questi trent’anni ha guidato la sinistra che la ruota della Storia ha voluto replicare sé stessa per dare un aiuto a chi vuole farselo dare.
Una sinistra di opposizione sbaragliata non serve al paese, una sinistra che insegue il populismo spicciolo men che meno.
Per questo i fatti di queste settimane, nella loro tragicità, non possono che essere più utili di quanto si possa immaginare.