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La complicità sovrana

by Redazione

Di Manuel De Maria

A più di un anno dalle elezioni, raccogliamo frutti marci figli di una politica impreparata e improvvisata “Pronti” forse neanche tanto.

Giorgia Meloni ha vinto le elezioni più di un anno fa, raccogliendo le redini di quello che fu il primo e unico Governo tecnico della legislatura passata.

Dai banchi dell’opposizione la narrativa non era complicata, anzi: le politiche sul Covid, gli affanni per la finanziaria, i vaccini, l’immigrazione, i redditi medi.

Insomma, la ricetta c’era, tempo di preparazione circa un anno e mezzo, per la precisione 616 giorni di cura draghiana.

Poi l’alleato di Governo, l’ex indipendentista padano, mise mano al mixer (l’elenco) e decise, in maniera egoistica, di chiudere quell’esperienza che per qualcuno non era stata un successo.

In quel momento sì, Giorgia Meloni raccoglieva dei buoni frutti che le permettevano di raggiungere un grande risultato: oltre a portare il suo partito ad oltre il 25%, sarà ricordata nella storia repubblicana per essere la prima Premier donna.

Ma è tutto oro ciò che luccica?

Le manovre, le promesse, i fatti

La prima, grande, importante battaglia del Governo fu quella contro il Reddito di Cittadinanza, istituito durante il primo Governo Conte nel 2018 e considerato uno strumento salvagente nel periodo pandemico.

Dietro la questione economica ce n’è una etica: il circolo vizioso in cui è entrato l’esecutivo è di difficile risoluzione nonché di importante impatto sociale.

Le politiche contro i redditi medi hanno penalizzato gran parte della popolazione italiana che si è ritrovata, dopo la guerra in Ucraina, a combattere un’inflazione ai massimi e un aumento dei tassi oltre i 3 punti percentuali e questo in un contesto internazionale in cui guerre e cambiamento climatico stanno mettendo a dura prova i regimi democratici occidentali, oltre che la visiona USA-centrica che ha caratterizzato gli ultimi anni.

Proprio il taglio del Reddito ha causato grandi disagi sociali dal momento in cui, secondo i dati INPS, i detentori della misura erano concentrati maggiormente al Sud e nelle Isole, le cui regioni soffrono di particolari problemi dal punto di vista finanziario e la rimozione del sostegno ne ha causati di nuovi sul piano sociale.

L’immigrazione, un evergreen della campagna mediatica delle destre, è diventata un caso, specie con i fatti delle ultime settimane a Bruxelles, in Francia e a Milano con le operazioni antiterrorismo che hanno riaperto una ferita nel cuore dell’Europa.

La Premier auspicava un improponibile blocco navale che, oltre ad essere altamente compromissorio secondo il diritto internazionale, rimette sul piano dell’etica l’azione del Governo.

Chiaramente, un’azione così aggressiva nei confronti di barconi e ONG (che sono state comunque chiamate in causa dall’esecutivo) si è rivelata irrealizabile e l’azione comune europea è stata resa necessaria secondo l’equa distribuzione dei migranti.

I mesi passano, in Emilia si consuma una tragedia e le passerelle sono continue. Le promesse anche, con i tempi burocratici che intralciano la strada alla Meloni che arranca nel nominare un commissario che alla fine vede un nome: il Generale Figliuolo, nominato da Draghi per l’emergenza Covid.

Gli aiuti in termini economici arrivano tardi, se arrivano. E ancora, il dramma di Caivano con due ragazze stuprate e la Meloni, sul luogo, contestata e non ben accolta.

La comunicazione, la maggioranza parlamentare, le europee e Salvini

La Premier ha fatto della comunicazione la sua arma principale per la sua propaganda: nei primi mesi di Governo ha istituito la rubrica de “Gli appunti di Giorgia”, un espediente che cercava di eliminare le distanze istituzionali fra Meloni e il popolo, anche fra i suoi non elettori, al fine di rendere il linguaggio politico più vicino ai cittadini e meno confinato ai palazzi del potere.

I recenti problemi con l’ormai ex compagno Giambruno hanno inoltre sollevato un caso: che parte della sua stessa maggioranza parlamentare le stia remando contro?

Il rischio c’è, dal momento che fra circa in Giugno del prossimo anno avranno luogo le nuove elezioni europee, il classico “midterm” nazionale che smuoverà gli equilibri politici al fine di un ribaltamento dell’equilibrio di Governo.

La Lega, nelle ultime settimane, complici anche i casi di immigrazione e dei magistrati presi in causa dal Ministro Salvini, ha aumentato il suo consenso in termini elettorali secondi i sondaggi e nulla vieta di pensare che lo stravolgimento interno che si prospetta, a trazione Zaia/Giorgetti possa ancora aspettare.

La leadership di Salvini è ancora solida e alle europee si aspetta un passo falso di FdI per agguantare il risultato. A sinistra, tanto, la partita è dubbia e pericolosa.

Un’ultima considerazione: Meloni da settimane paventa il pericolo di un Governo tecnico voluto dalla sinistra: in realtà la situazione è leggermente diversa e, al fine di garantire l’ingovernabilità della Lega sola al comando, la Premier farebbe volentieri un passo indietro, collaborando con l’ormai ex Terzo Polo e il centro sinistra in ottica di esecutivo tecnico piuttosto che congelare le riforme e dare lo scettro a Salvini. E’ una partita da riaprire il 10 giugno del prossimo anno.

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