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ITA, una truffa di Stato legalizzata

by Romano Franco

Dopo aver apparecchiato per bene la tavola è imbandita e il regalo di nome Ita, costato 7,5 miliardi di euro al contribuente, sta per essere servito al miglior offerente.

Le privatizzazioni di Mr. Bce sono famose in tutto il mondo e l’Italia sta ancora piangendo lacrime amare sul latte versato nel 1992; quando l’attuale premier ricopriva il suo incarico al Tesoro.

Ma la privatizzazione di Ita, ereditiera della compagnia di bandiera tenuta a galla a qualsiasi costo, ha un che di ridicolo. La formazione della nuova compagnia italiana, Ita, è costata molto più della capitalizzazione di Air France-Klm e Lufthansa.

La questione dei prezzi gonfiati la dice lunga sui raggiri fatti per rimettere in piedi la compagnia di bandiera.

Ma senza vedere quando, come e a chi sono stati donati questi soldi, probabilmente alle banche, dell’investimento fatto all’incirca un anno, costato allo stato 7,5 miliardi di euro, il contribuente ci perde una cifra astronomica che si aggira intorno ai 6 miliardi e 550 milioni di euro.

La nuova proposta messa sul tavolo del governo dalla cordata guidata da Certares, Delta, Air France-Klm prevede che il fondo Usa acquisti il 50% più un’azione della società, più del 40% previsto nella prima offerta, di fatto privatizzandola.

La valutazione di Ita si aggira intorno ai 950 milioni di euro per le compagnie Delta e Air France, ma attualmente il valore della società si aggira intorno ai 700 milioni, secondo fonti Ansa; questi si dovrebbero aggiungere i 600 milioni della compagnia Certares e altri 650 milioni del ministero. Arrivando ad una capitalizzazione di 1.950 milioni.

Ma la domanda sorge spontanea: per quale motivo il socio di minorazza dovrebbe inniettare più capitali del socio di maggioranza? La risposta non è pervenuta ai cittadini e oltre al danno si aggiunge la beffa, in questa ridicola operazione.

Una società che vende più del 50% a 600 milioni di euro per quale motivo dovrebbe ricevere l’ennesimo regalo da 650 milioni di euro dal ministero del Tesoro? Ai posteri l’ardua sentenza.

Facendo due conti, l’impresa di tenere la compagnia di bandiera in volo non è valsa la spesa e ancora una volta i contribuenti pagano i costi di una politica affarista, corrotta e incompetente.

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