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Io sto con Super Mario

by Alessio Teresi

La prossima estate Mario Balotelli avrà un bel numero trenta alla voce “anni” sulla sua carta di identità, oltre a trentasei presenze con la maglia della Nazionale italiana di calcio su un curriculum macchiato troppo spesso da un comportamento arrogante e strafottente che ne ha offuscato le indubbie doti sportive.

Ma Mario Balotelli è stato e continua ad essere sempre un personaggio di quelli che fanno comunque notizia ed innescano situazioni o reazioni a catena quello che gli americani chiamano ”Chain reaction”. Senza andare a ricordare le bravate fatte in passato dal buon Mario, tutto sommato circoscrivibili ad un bel “fatti suoi se è pirla… peggio per lui”, ritorniamo invece sulla vicenda recente, quella del famoso pallone calciato verso (o contro fate voi) la curva dei tifosi del Verona in segno di protesta per gli ennesimi cori e mugugni razzisti rivolti al giocatore bresciano.

Dopo quel gesto, ci siamo un po’ tutti divisi nuovamente in opposte fazioni: tolleranti, democratici e figli di Dio contro razzisti, fascisti e senza famiglia che odiano il “diverso”. In sostanza buoni e cattivi, senza però lesinare una frecciatina al buon Mario già che ci siamo. Magari per fargli capire quanto ci è stato sulle balle, quando in Inghilterra si è messo a giocare con i petardi dando fuoco a casa sua, o quando ha regalato un bel rotolo di euro ad un povero diavolo perché si buttasse in mare cavalcando uno scooter. Ma non vogliamo parlare né esprimere giudizi sulle reazioni al fatto in sé, quello di Verona si intende, quanto piuttosto sottolineare un paio di comportamenti pericolosi che ne hanno fatto seguito, passati forse inosservati ma degni di nota e critica. Incominciando dalla sgradevole, volgare ed inopportuna battuta fatta dall’attuale presidente del Brescia, Massimo Cellino, nel liquidare la vicenda con l’agghiacciante affermazione: “Balotelli è nero, sta lavorando per schiarirsi ma ha tante difficoltà”. In un momento storico come quello attuale una frase del genere francamente suscita pochissima ilarità e non può nè deve essere proferita dal massimo dirigente di una società sportiva coinvolta direttamente nell’episodio.

Ma peggio di tutti riesce a fare il nostro governo calcistico che continua ad alimentare questo fenomeno di “vivisezione degli episodi” perché forse non tutti sanno che per arrivare a prendere provvedimenti ed alla denuncia dei relativi colpevoli gli episodi razzisti devono essere in linea con quattro parametri rilevabili. Ossia la durata del coro o invettiva; l’entità, ossia quanto quel coro può essere udibile da tutto la stadio; il numero delle persone che vi partecipano attivamente ed infine la persistenza dell’insulto razzista.

Siamo rimasti, dunque, o meglio il nostro “sistema calcio” è rimasto al fatidico “qualche scemo che fischia”, sottovalutando il problema del razzismo nel calcio e mai prendendolo di petto. In sostanza un addetto ai lavori che getta benzina sul fuoco, quasi prendendo le distanze dall’episodio, e la governance del nostro football che se ne lava le mani. Siamo davvero messi bene, e poi ci stupiamo dei cori e dei buu razzisti. Con queste teste che girano… è il minimo che possa accadere, e questa volta non è colpa di Mario Balotelli.

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