Inchiesta Ponte Morandi: La procura di Genova chiude le indagini

E’ giunta al termine l’indagine della procura di Genova per il crollo del ponte Morandi, il viadotto autostradale della A10 collassato il 14 agosto 2018 causando la morte di 43 persone.

Nelle ultime ore la guardia di finanza sta notificando gli avvisi agli indagati. Un’inchiesta durata quasi tre anni nel corso dei quali sono stati fatti due incidenti probatori, uno sullo stato di salute del viadotto e un secondo sulle cause vere e proprie del crollo che si è chiuso a fine febbraio. Secondo i pm Massimo Terrile e Walter Cotugno, insieme all’aggiunto Paolo D’Ovidio, avevano indagato 71 persone più le due società Aspi e Spea (la controllata che si occupava della manutenzioni) tra ex vertici e tecnici delle aziende, ex e attuali dirigenti e tecnici del ministero delle Infrastrutture e del provveditorato.

Come spesso succede, dall’indagine legata al disastro, sono partite altre inchieste che hanno portato alla luce una prassi assai sgradevole. Infatti, l’accusa non si spreca a sottolineare le terribili mancanze delle società per ambire al massimo risparmio sulle manutenzioni per garantire maggiori dividendi ai soci, un vero e proprio business fatto sul sangue della povera gente.

I fascicoli riportano rapporti falsi sullo stato di salute di altri viadotti, sulle barriere fonoassorbenti pericolose, fino alle gallerie dopo il crollo nella Bertè il 30 dicembre 2019. In tutti i filoni di indagine sono coinvolti l’ex ad di Aspi Giovanni Castellucci, finito anche ai domiciliari poi tramutati in interdittiva per un anno, l’ex numero due Paolo Berti e l’ex numero tre Michele Donferri Mitelli.

Grazie alle indagini e al cambio dei vertici era partito un piano di controlli e investimenti sulle infrastrutture liguri, che l’estate scorsa ha portato enormi disagi sulla viabilità autostradale.

Ora, nessuno vorrebbe mettersi nei panni del giudice, ma, ingegneri di un certo livello e amministratori di spessore, sapevano che prima o poi qualcosa sarebbe andato storto, secondo quanto riportano le indagini, vista la mancata manutenzione e la falsificazione dei rapporti. Fossero stati arabi probabilmente gli avremmo accusati di terrorismo.

In molti pensano che Castellucci e i suoi, se si dovessero accertare le accuse, dovrebbero essere condannati per strage conclamata, non può esserci indulgenza in un caso come questo. Si chiede il massimo della pena! Senza sconti. Nel terzo millennio non è accettabile fare dei profitti sulla salute e la sicurezza dei cittadini. Si tratta di una “premeditazione architettata” per riempirsi le tasche.

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