Gli alti forni Ilva di Taranto possono essere convertiti da forni a carbone a forni elettrici alimentati a gas, che non generano inquinamento da tumore, mediante un metodo ampiamente conosciuto e praticato dalla stessa Mittal in India e altrove, che consiste nell’inserire nell’alto forno non il 100% di carbone coke ma un misto di coke e pellets di cosiddetto “preridotto”, ossia di minerale ferroso trattato per mezzo di CO (monossido di carbonio) e idrogeno prodotti in alto forno alimentato a gas naturale.
Ovviamente il misto in questione riduce ma non elimina l’inquinamento generato dal coke, che appare essere causa di tumori sia per i lavoratori, ove non provvisti di tute e maschere antigas adeguate che per gli abitanti dell’area vicina agli alti forni, comprese, in particolare, quelle dei lavoratori degli impianti siderurgici e delle loro famiglie.
A parte il fatto che, in ogni caso, occorre trasferire il quartiere vicino all’acciaieria in una nuova città satellite da costruire a cura del Comune di Taranto, secondo una proposta a suo tempo fatta dall’allora sindaco del Psi Guadagnolo, rimane il fatto che se l’alto forno contiene il 100% di pellets di “preridotto” riduce a zero l’inquinamento da coke e lascia solo quello del gas che può essere minimizzato, facendo raffreddare il fumo in tubi che lo trasformano in cenere.
Ovviamente, allora, l’alto
forno è elettrico. La sostituzione dell’alto forno elettrico in alto forno a
gas impiega da 36 a 24 mesi e può essere effettuata per un alto forno per
volta, adoperando da subito le pellets in un mix nell’alto forno a carbone.
Chiaramente la produzione delle pellets comporta di disporre di molto gas
naturale in loco: e ciò è facilitato, nel caso di Taranto, dal fatto che vi può
arrivare il gasdotto trans-europeo TAP. Naturalmente la produzione del
“preridotto” ha un costo che si aggiunge a quello dell’alto forno elettrico,
che utilizza le pellets di “preridotto”, il quale però consuma meno del forno a
coke.
Mentre l’impianto al siderurgico di Monterrey, in Messico, utilizza una tecnologia italo-messicana e basa la propria produzione su impianti di “preridotto” che utilizzano gas naturale che emerge in loco, a Taranto invece ci si dovrà avvalere di gas a un costo che include il trasporto del gasdotto.
È però possibile eliminare l’handicap concorrenziale che ciò determina mediante due espedienti. Innanzitutto, il prezzo del gas può venire ridotto, mediante l’acquisto prestabilito del grosso quantitativo di gas occorrente, con un contratto “take or pay” ossia “prendi o paga” con cui ci si impegna a prelevare un quantum di gas, o, comunque, a pagarlo, anche se non lo si utilizza, basato sul 90-80 % dell’ammontare necessario per i due forni quando operano a ritmo ordinario.
Inoltre, poiché il gasdotto TAP crea un onere per il territorio del Comune e la provincia di Taranto, esso sarà costretto a pagare un indennizzo proporzionale al volume del terreno che occupa e che in parte può esser utilizzato per abbassare il costo del gas erogato all’acciaieria.
Resta l’onere, non indifferente, dell’investimento per la conversione dei due forni da coke a gas e per il quartiere satellite che vanno compensati con una sovvenzione statale, la quale non è da considerarsi un sussidio all’impresa, vietato dalla normativa comunitaria, ma un onere di competenza dell’operatore pubblico ai fini della tecnologia verde e ai fini della tutela sanitaria preventiva, a carico del servizio sanitario nazionale.
Esso può essere versato sotto forma di credito d’imposta per il tributo sul gas naturale comprato e sull’Iva per le vendite dell’acciaio con il risultato di un maggior volume di reddito creato nell’area di Taranto dall’utilizzo pieno degli alti forni e dalla conseguente cessazione del costo della cassa integrazione.