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Il tremendo eccidio di Cefalonia

by Nicola Comparato

Nel 1940 l’Italia entra in guerra. L’idea di Benito Mussolini è quella di espandere la “gloriosa nazione italica” nei Balcani per avere il dominio, economico e strategico, del Mar Mediterraneo.

Ma le cose in Grecia non andarono secondo i piani, trovando l’esercito greco molto più abile nelle azioni di guerriglia di montagna, al punto che date le enormi difficoltà degli italiani, dovettero intervenire le truppe tedesche, costringendo così alla resa i greci del generale Papagos. Per motivi strategici, alcune divisioni dei due eserciti furono stanziate nelle isole di Corfù, Zante e Cefalonia. Quella più conosciuta, fu la Divisione Acqui, comandata dal generale Antonio Gandin.
All’inizio del 1943 la convivenza tra Italiani e Tedeschi è buona. L’8 settembre viene reso noto che il maresciallo Badoglio, subentrato a Mussolini, ha firmato l’armistizio con americani, britannici e sovietici, fatto che provoca stupore e gioia da parte della Divisione Acqui, facendo pensare a una imminente fine della guerra. Ma tra la notte dell’8 e del 9 settembre il generale Carlo Vecchiarelli, che in territorio greco è il comandante generale delle truppe italiane, annuncia con un radiogramma che dal quel momento i soldati tedeschi non sono più da considerare alleati ma nemici.

Il 9 settembre la situazione si fa drammatica. Il generale Vecchiarelli con un secondo radiogramma sollecita l’esercito italiano a cedere le armi ai tedeschi e a lasciare immediatamente gli avamposti presidiati. Il generale Gandin si trova così a dover compiere una scelta. Per prima cosa decide di aspettare e successivamente di lasciare gli avamposti a nord dell’isola.
I tedeschi il giorno seguente presentano l’ultimatum ai soldati italiani, dando ordine di consegnare le armi ad Argastoli, nella piazza centrale, davanti all’intera popolazione. Un atto che sarebbe stato umiliante per le truppe italiane. La Divisione Acqui rifiuta l’ultimatum e l’11 settembre i tedeschi chiamano a rapporto il Gandin, che la sera stessa convoca un consiglio tra i soldati.

Il 14 settembre la risposta unanime delle truppe: avrebbero fatto la guerra ai tedeschi senza consegnare le armi. Nello stesso momento da Roma arriva un radiogramma che incita i soldati a combattere i tedeschi, e qui comincia l’eccidio di Cefalonia. I tedeschi il 15 settembre, inferiori numericamente, fanno pervenire l’aviazione e alcuni battaglioni di fanteria sorprendendo gli italiani. La sanguinosa battaglia continua fino al 22 settembre, bombardando e decimando la divisione.
Nello stesso giorno Gandin, dopo aver convocato un nuovo consiglio di guerra, decide di arrendersi alla Germania, issando in segno di resa, sul balcone della casa sede del comando tattico, la tovaglia bianca sulla quale i comandanti mangiano tutte le sere. I soldati italiani catturati in precedenza, per ordine di Hitler in persona, vengono fucilati perché considerati traditori.

Morirono 4500 soldati e 155 ufficiali a causa dei rastrellamenti e delle fucilazioni, e più di 5000 soldati e 129 ufficiali, compreso Gandin, tra il 23 e il 28 settembre. Per nascondere ogni prova del massacro, i tedeschi bruciarono alcune salme, buttarono dei corpi in alcune cisterne, alcuni cadaveri rimasero insepolti e molti di loro furono gettati in mare. Questi fatti sono conosciuti storicamente come l’eccidio di Cefalonia.

Nelle fotografie mostriamo il cippo commemorativo dedicato ai caduti di Cefalonia posto presso la ex scuola elementare di Poggio di Sant’Ilario Baganza, frazione del Comune di Felino, in provincia di Parma.

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