Di Salvo Andò
L‘inchiesta sugli appalti dell’ANAS che sta coinvolgendo personaggi importanti dell’establishment economico e burocratico sembra destinata ad avere forti ripercussioni nei palazzi della politica.
Sono indagati, infatti, per pratiche corruttive funzionari pubblici e intermediari, che pare contino su importanti coperture politiche.
I giornali hanno parlato di un sistema Verdini, con riferimento all’ex senatore azzurro e ad alcuni suoi familiari.
L’inchiesta riguarderebbe appalti gestiti da funzionari disposti ad assecondare le trame di alcuni mediatori d’affari e personaggi politici, che avrebbero garantito a costoro vantaggi di carriera nel caso in cui si fossero messi a disposizione.
Siamo di fronte a patti collusivi tra imprese, burocrazia e partiti che da sempre ci sono stati, ma che vengono in qualche modo facilitati adesso da una politica che vuole dare pià libertà al mercato.
Sicuramente, in questo contesto, si confronteranno adesso perdonisti e colpevolisti, interessati a utilizzare le indagini a fini di lotta politica, con le elezioni europee alle porte.
Già si è messa in moto l’attività di ispezione parlamentare. Denis Verdini è oggi un privato cittadino, non ha incarichi pubblici, però intrattiene ottime relazioni con i vertici di importanti apparati pubblici, essendo stato, tra l’altro, un personaggio a cui Berlusconi accordava piena fiducia.
Non c’è da sorprendersi se, forte di tante conoscenze, adesso svolga attività di intermediazione insieme ai suoi familiari. Le indagini in corso, però, mirano a fare chiarezza sui mezzi usati per lo svolgimento di tale attività.
A giudicare dalle notizie di stampa pare che, nonostante il cambiamento di regime, siano sempre più frequenti gli intrighi orditi da funzionari pubblici ed imprese per aggirare le regole della concorrenza.
Si tratta di attività illecite, a sfondo corruttivo, che hanno assunto ormai un carattere sistemico. Ciononostante, pare prevalere un atteggiamento tollerante nei confronti di tali illeciti.
Si predica una maggiore fiducia verso le imprese che sarebbero vessate da eccessivi controlli. Soprattutto Salvini chiede di liberalizzare, di non scoraggiare l’iniziativa privata, costi quel che costi.
Il codice degli appalti che ha fatto approvare recepisce in pieno questa filosofia. In questo campo, non da adesso, i partiti si sono mostrati fragili, aggredibili, condizionati da calcoli clientelari e dalla necessità di reperire risorse destinate all’attività politica.
Ma negli ultimi decenni, con la sparizione dei partiti protagonisti della prima Repubblica, che potevano contare su comunità politiche fortemente politicizzate, tenute insieme da un sistema di valori, sono emersi nuovi professionisti della politica, che tendono a confondere affari pubblici e affari privati, nel nome di una equivoca politica del fare.
La tendenza a svolgere attività di lobbying, ma anche a svolgere attività imprenditoriali in proprio, pare davvero irrefrenabile.
Dopo Tangentopoli in tanti volevano creare una nuova classe politica passando da una Repubblica dei partiti ad una Repubblica dei cittadini, coinvolgendo nell’attività politica personalità che venissero dal mondo delle professioni, delle imprese.
Non pare, però, che ciò abbia migliorato la qualità della classe politica. Si sono creati nuovi partiti politici, gestiti da padroncini che hanno investito consistenti risorse nella attività politica per creare partiti personali.
Si è avuta una enorme moltiplicazione di sigle e simboli, alcuni dei quali sono durati lo spazio di un mattino.
Uomini della provvidenza, imprenditori, e faccendieri si candidavano a rifondare la politica. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
L’impresa, insomma, con partiti siffatti irrompe nella politica. Sono sempre piu numerosi i politici dediti alla cura di affari privati.
E’ davvero curioso che l’attività politica, che richiede un impegno a tempo pieno, consenta di occuparsi anche di affari che dovrebbero essere di competenza di altri mondi.
Ciò è avvenuto per la scarsa considerazione che si ha dell’attività politica, divenuta complementare rispetto alla gestione di interessi, che, grazie all’esercizio del potere, possono essere meglio promossi.
Nei vecchi partiti si esercitava un certo controllo sulle condizioni di vita delle classi dirigenti, e, soprattutto, sull’uso che si faceva delle dazioni raccolte per sostenere il partito. Nel partito privatizzato ciò è inconcepibile. Chi possiede il partito non deve dare conto di nulla a nessuno.
I vecchi segretari amministrativi dei partiti erano dei cerberi nel controllo delle Spese. Erano persone onestissime.
Chiedevano magari contributi a destra e a manca, ma non avrebbero mai utilizzato la carica per tentare personali scalate imprenditoriali, arricchimenti personali.
Costoro erano quasi sempre personaggi di specchiata moralità, che si sacrificavano per assolvere a compiti rischiosi, perché proibiti dalle leggi sul finanziamento pubblico. Per questa ragione quei partiti si battevano spesso per ottenere amnistie.
Il partito tradizionale attingeva anche a risorse illegali. È vero. Ma si trattava di risorse messe a disposizione della comunità politica di riferimento per finalità sociali.
E’ un fatto che quei partiti cercassero risorse per finanziare case del popolo, centri culturali, attività editoriali ,corsi di formazione.
Ecco dove andavano a finire le entrate illecite dei partiti. Dopo tangentopoli, quasi tutti i beni di proprietà dei partiti sono stati venduti e i funzionari vennero licenziati.
Non si tratta di partiti divenuti leggeri, ma di un potere senza anima. Il politico che diventa lobbista in pianta stabile non è più un uomo libero.
Ciò che ancora una volta emerge, attraverso lo scandalo scoppiato in questi giorni, è conseguenza dello stravolgimento della identità del partito come comunità organizzata sulla base di precise regole, anche in materia di raccolta della provvista finanziaria.
Sono in tanti a sollecitare una autoriforma che restituisca ai partiti una identità divenuta sempre piu incerta, anche attraverso una legge sulle lobby.
Non è accettabile che chi ha responsabilità politiche si dedichi a pilotare appalti o a piazzare propri uomini in posizioni chiave per pilotare appalti.
In questo contesto, bisognerebbe anche riformare il sistema dello spoil system. Un sistema che ha fidelizzato la burocrazia.
Si è cercato di ottenere dai funzionari pubblici la fedeltà, non la competenza. Una delle fonti delle pratiche corruttive va individuata nella possibilità di chi esercita il potere di fare di un suo famiglio un manager pubblico, di contrabbandare un cliente per esperto da piazzare in posizioni strategiche per la gestione delle commesse pubbliche. Sono questi i nuovi Caligola (l’imperatore che fece senatore il suo cavallo) di cui bisognerebbe liberarsi.