Tra le tante vicende torbide della nostra storia c’è anche il rapimento di Guido De Martino, che venne rapito a Napoli il 5 aprile del 1977 e restò prigioniero per 40 giorni. Figlio di Francesco, già segretario del partito del Partito Socialista Italiano sino al Midas quando poi Bettino Craxi lo sostituì.
Francesco De Martino veniva accreditato come un possibile candidato al Quirinale, carica che in quel momento era occupata dal democristiano Leone. A distanza di 40 anni Guido De Martino fece un affermazione abbastanza grave e inquietante: “L’unica ragione, non solo logica, ma come risultante delle indagini giudiziarie, è che mi avevano preso per colpire mio padre per il suo indirizzo politico che tendeva ad associare insieme alla Dc e al Psi le masse popolari e lavoratrici, rappresentate dal Pci, nella direzione politica e di governo del paese. Mio padre, ben prima di Berlinguer e poi di Moro, con le loro successive politiche del compromesso storico e della strategia morotea dell’attenzione, si batteva per quelli che chiamava ‘equilibri politici più avanzati’”.
All’epoca dei fatti Guido è un dirigente federazione giovanile socialista. Pietro Nenni, dall’alto della sua lunga esperienza morale e politica, chiarì al Partito quello che, secondo lui, significava il rapimento dicendo che: “Ci hanno messo in questa difficile situazione. Se cediamo alla richiesta di riscatto criticheranno la mancanza di senso dello Stato, se resistiamo e rifiutiamo qualsiasi trattativa diranno che per motivo di avanzamento di rango politico i socialisti e De Martino sono disposti a sacrificare la vita di un figlio. Così anche a Francesco è stata sbarrata la strada per il Quirinale”.
De Martino, poi, quando venne liberato incontrò Sandro Pertini, che gli parlò di “Covi di vipere” e di “Infamia” contro il padre Francesco e indicava genericamente della presenza di oscuri meandri del sottobosco politico.
Persino Giulio Andreotti anni dopo – ricorda ancora De Martino – disse che operarono nel rapimento “forze occulte” che agirono nel modo più perfido contro De Martino. Ma certo il rapimento del figlio di Francesco De Martino anche per Andreotti fu evento duro e preciso perché mirava a colpire la famiglia.
Emerse dalle indagini che quel grumo di interessi indicibili avevano agito su istigazione di Vincenzo Tene, un personaggio che aveva frequentato in maniera episodica la Federazione napoletana del Psi. Fu arrestato e dette versioni diverse dell’accaduto dando l’impressione di celare verità inconfessabili e alla fine accusò un esponente locale della Dc, un ex sindaco di Boscoreale, un comune del vesuviano, che lo aveva incaricato per questo rapimento in cambio di un posto di lavoro. Tene venne condannato e rinchiuso a Procida, dopo poco tempo, chiese perdono alla famiglia De Martino che si dimostrò disposta a concederlo.
L’unica condizione era che lo stesso facesse i nomi dei mandanti. Ma la risposta non è mai giunta, convincendo Guido De De Martino che la vicenda del suo rapimento sia sostanzialmente uno dei tanti misteri irrisolti della tormentata storia italiana.