Parma è conosciuta come città d’arte e musica, ricca di monumenti e di personaggi che l’hanno resa famosa in tutto il mondo. Ma è una realtà che ha anche un lato oscuro, che scopriremo oggi trattando uno dei casi di cronaca che ha sconvolto la città ducale, ovvero la scomparsa e l’omicidio della famiglia Carretta ad opera del figlio Ferdinando, nato a Parma il 7 novembre 1962.
Parma, via Rimini 8, 4 agosto 1989. La famiglia Carretta, composta dai coniugi Giuseppe e Marta Chezzi e dai loro 2 figli Nicola e Ferdinando, si sta preparando per trascorrere qualche giorno di ferie in camper. I litigi per motivi banali tra Ferdinando e il padre sono frequenti. Nicola invece ha problemi di tossicodipendenza, ma nulla fece mai presagire ciò che sarebbe accaduto in seguito.
La famiglia da quella sera scompare di colpo ma all’inizio nessuno ci fa caso sapendo della loro partenza per le vacanze. I giorni però passano e nessuno ha più notizie della famiglia e di conseguenza i parenti e i conoscenti cominciano a farsi delle domande, specialmente sul figlio Ferdinando, che il giorno 8 agosto intasca a nome del padre, con firma falsificata, un assegno da 5 milioni di lire presso la Banca del Monte e dal conto di suo fratello Nicola un secondo assegno da un milione. Tre mesi dopo, il 19 novembre, grazie a una telefonata in diretta alla trasmissione “Chi l’ha visto?”, viene ritrovato a Milano il camper dei Carretta presso un parcheggio in via Aretusa. Il pm Antonio di Pietro ipotizza subito la morte dei componenti della famiglia. Col passare degli anni comincia a circolare la voce di una nuova vita della famiglia Carretta ai Caraibi.
Ma il 22 novembre 1998, durante un semplice controllo di routine, un agente identifica nell’uomo a cui stava comminando una multa il membro di una famiglia scomparsa da Parma 9 anni prima, Ferdinando Carretta. Viene informata l’Interpol londinese che immediatamente contatta le autorità italiane. Francesco Saverio Brancaccio, procuratore di Parma, si reca subito a Londra per incontrare Ferdinando che dichiara però di non avere notizie della propria famiglia da 9 anni.
Ma pochi giorni dopo, il 30 novembre, davanti alle telecamere di “Chi l’ha visto?”, Ferdinando crolla e confessa il triplice omicidio al giornalista Giuseppe Rinaldi. Queste le sue parole: “Ho impugnato quell’arma da fuoco e ho sparato ai miei genitori e a mio fratello”.
Secondo la confessione, l’arma del delitto è una pistola Walther calibro 6.5 mai ritrovata. I corpi delle vittime vengono sistemati in bagno per alcuni giorni, dando il tempo a Ferdinando di pulire ogni traccia, e successivamente nascosti nella discarica di Viarolo, frazione di Trecasali (Parma). Ma anche i cadaveri non verranno mai ritrovati. Durante le indagini dei Ris, guidati da Luciano Garofano, vengono rinvenute tracce di sangue umano maschile e femminile sotto un portasapone nella casa dei Carretta.
La Corte di Assise di Parma il 15 aprile 1999 considera Carretta colpevole degli omicidi, ma data la sua incapacità di intendere e di volere viene rinchiuso presso l’ospedale psichiatrico fiudiziario di Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, che lascia nel 2006 per entrare in una comunità di recupero a Forlì, da cui esce nel 2009. Un anno prima Ferdinando aveva ottenuto la libertà e la proprietà della casa insieme all’eredità di famiglia accordandosi con le zie. Nel 2010 Ferdinando mette in vendita la “casa degli orrori”, e dal 2015 vive a Forlì nella sua nuova abitazione acquistata con i soldi ricavati dalla vendita della casa dove aveva sterminato la sua famiglia. Il 4 agosto 1989, in via Rimini 8, a Parma.