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Il buon senso, l’educazione e la democrazia

by Maurizio Ciotola

Tanti italiani sembrano essersi risvegliati liberali e alcuni addirittura, pasdaran della Costituzione, per cui a loro dire oggi il Governo sta portando a termine un’operazione di controllo sociale in grande stile, attuando così una dittatura.

Questi pasdaran si richiamano a costituzionalisti accreditati, politici, intellettuali di fama mondiale, e per farlo estrapolano e chiudono, nell’utilizzare affermazioni slegate e tronche al fine di indicare “scientificamente” le carenze costituzionali nell’operato dell’Esecutivo.

Dopo il “lockdown” una minoritaria, ma rumorosa schiera di soggetti politici, intellettuali, industriali e parte dei sindacati, vorrebbero applicare la riapertura adottando la regola del “buon senso” per garantire la tutela dal contagio da Covid-19.

In astratto questa potrebbe essere una via percorribile, almeno laddove l’educazione e il senso civico non costituiscono una carenza cronica e accertata a favore di una illegalità moderatamente diffusa.

Quell’educazione che è stata oggetto di soppressione e controllo, da parte degli stessi “liberali” che fino a oggi hanno impedito un’evoluzione costante, verso la democrazia e la libertà di questo Paese.

Fermatevi un attimo e osservate chi e quali entità inneggiano al pericolo della dittatura e al “buon senso” quale sicuro “rimedio”.

Perché nel contesto attuale e locale, avrebbe la valenza dell’arcaico “rimedio”, dispensato per le cure degli individui nei tempi andati.

Non è necessario compiere un grande sforzo “storico”, ma ricordare le cronache economiche e politiche di questo Paese negli ultimi vent’anni.

Questi “liberali” sono gli stessi che, avendo sposato e applicato un paradigma economico e sociale cui i danni sono sempre più evidenti, di fronte alla caduta verticale generata da un cosiddetto “punto di discontinuità” prevedibile, ma omesso per lucro, qual è la pandemia corrente, oggi ipotizzano una ripresa senza mutazione del paradigma economico e sociale.

Sono gli stessi che in termini più elementari e comprensibili dicono e hanno sempre detto: “armiamoci e partite”.

Perché nei fatti non vi è la comprensione del disastro cui dobbiamo far fronte o forse, più semplicemente, perché di tale disastro hanno profondo terrore e ciecamente lo allontanano in termini concettuali.

Il “buon senso” potrebbe essere un elemento portante, laddove l’educazione è centrale, il rispetto sostanziale, il senso civico radicato, la legalità consacrata.

In Svezia non vi è stato alcun bisogno di legiferare in merito ai metodi di lavoro e comportamento sociale, da adottare durante questa emergenza.

E’ stato sufficiente illustrare in modo elementare e comprensibile, i rischi e le cause del contagio, inducendo a usi che avrebbero contenuto e limitato, se non annullato tale pericolo.

Ma la Svezia non è l’Italia, per quanto possiamo amare il nostro Paese, ritenendolo capace di riemergere dai disastri, questo non ci spinge a credere che in Italia i consigli sarebbero sufficienti.

E se sul piano del rispetto, del senso civico, quanto dell’educazione, questo nostro Paese non sarebbe in grado di seguire i consigli senza farsi del male, lo dobbiamo ai tanti che ora richiamano il caro e esplicito “buon senso”.

Nel contempo sarebbe altresì impensabile, quanto inutile, agire sul piano strutturale per duplicare o moltiplicare, le funzionalità del sistema economico e industriale.

E’ stupido pensare a una ripresa, adottando identiche scale paradigmatiche, ovvero ripartire con un sistema immutato ma moltiplicato.

Se tra le tante parole che sono state dette alcune hanno un senso, tra queste vi sono il “nulla sarà come prima”.

Perché sappiamo che il sistema produttivo, così come lo abbiamo conosciuto fino a oggi, non potrà esser più come prima, non dovrà.

Nulla “dovrà” esser come prima, questo è il punto da cui dobbiamo ripartire, gradualmente, in un impegno dagli ingenti oneri economici e sociali, che oggi a causa di un ritardo pregresso pagheremo dieci volte tanto. 

Possiamo meravigliarci e sbraitare fino a un certo punto, quando assistiamo alle titubanze e opposizioni dei Paesi europei, in merito al soccorso necessario per la ripresa economica del nostro Paese.

Sappiamo che le concessioni sono arrivate perché l’Italia, costituisce in termini di Pil e di mercato il terzo Paese dopo Germania e Francia,  per questo fondante, quanto essenziale per la tenuta dell’Ue e dell’Euro.

Le ingenti somme rese disponibili non potranno comunque costituire da sole la leva per ripartire.

E’ necessario intervenire azzerando temporaneamente l’imponibile fiscale che grava direttamente sulle imprese e indirettamente attraverso gli oneri aggiuntivi, relativi ai servizi forniti alle stesse.

Non è solo lo Stato, ma le Regioni e i Comuni che devono ridurre o azzerare, per quanto concerne le attività economiche, l’imponibile fiscale.

Lo Stato dovrebbe ricorrere al congelamento delle devoluzioni volontarie del 5 e dell‘8 per mille per convogliarle in fondi utili alla ripresa.

Questo deve avvenire per scongiurare il collasso, impedire l’inevitabile, che genererà un evidente azzeramento dei prelievi fiscali, fino a divenire irreversibile.

A questo dovrebbero pensare un industriale e un sindacalista. Tale dovrebbe essere l’obiettivo della politica.

Tutti dovremmo disconoscere l’arroganza per lasciar spazio all’Educazione, alla crescita culturale di cui una democrazia non può fare a meno, e grazie alla quale non insorgerebbe alcun timore di fronte alle temporanee limitazioni comportamentali, necessarie in un’esplicita emergenza come l’attuale.

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