Home Cronaca Il boss della ‘Ndrangheta, Pino Piromalli “Facciazza” torna in libertà vigilata

Il boss della ‘Ndrangheta, Pino Piromalli “Facciazza” torna in libertà vigilata

by Rosario Sorace

Un boss storico della Ndrangheta, Pino Piromalli, dopo 22 anni di detenzione al 41 bis torna libero nella sua città, Gioia Tauro, dove la sua famiglia dominava incontrastata. Piromalli venne arrestato nel 1999, dopo un lungo periodo di latitanza, e, adesso, Pino “Facciazza” Piromalli, uscito dal carcere di Viterbo, sconterà tre anni di libertà nella sua Gioia Tauro.

Proprio il 10 marzo del 1999 fu colto dai carabinieri in un vecchio casolare che era stato trasformato in bunker dove si nascondeva. Il covo era dotato di un sofisticato sistema elettronico. Infatti, i carabinieri, per riuscire ad entrare nel covo hanno dovuto usare dei martelli pneumatici.

Piromalli fu condannato per associazione mafiosa ed estorsione e il boss ha scontato anni di carcere anche per associazione a delinquere finalizzata all’accaparramento degli appalti pubblici per i lavori del porto di Gioia Tauro. Questo porto è ritenuto tra i più importanti del Mediterraneo e pare che sia stato voluto fortemente dalla ‘ndrangheta con in testa la cosca dei Piromalli e dei Molé.

“Comandiamo tutto. Chiediamo un dollaro e mezzo a container. Diamo noi le garanzie”. “Garanzia nel tempo, fra 100 anni, 200 anni sempre vi possiamo dare le garanzie… noi siamo là̀, viviamo là, abbiamo il passato, il presente, il futuro” si sentiva tutto ciò e altro dalle parole di Domenico Pepé, l’esponente delle cosche Piromalli e Bellocco nel novembre del 1996 con uno dei dirigenti della MedCenter, la società che gestisce il porto di Gioia Tauro.

Sono passati quasi vent’anni dal “Porto” con una sentenza della Corte di Cassazione e tuttavia questo scalo è ritenuto da sempre una succursale della ’ndrangheta e sembra che sia una delle porte di ingresso in Europa della cocaina che proviene da sud e centro America.

Non solo droga ma anche l’intreccio di politica e affari si realizza in questo ambito territoriale e pochi anni fa, con l’operazione “Cento anni di Storia”, il pm Roberto Di Palma e la squadra mobile hanno dimostrato che i Piromalli e le altre famiglie della Piana di Gioia Tauro erano presenti in alcune società che lavorano nell’ambito del porto.

Gli investigatori hanno seguito le tracce di un emissario della cosca Piromalli, tale Gioacchino Arcidiaco, e si erano imbattuti nel faccendiere Aldo Micciché, un personaggio che è diventato latitante fino all’arresto avvenuto nel 2012 a Caracas.

Miccichè doveva aprire alla ‘ndrangheta le porte della politica che conta e in particolar modo con Forza Italia tramite Marcello Dell’Utri. Il nome di Pino Piromalli compare anche nelle 1.078 pagine della sentenza “‘Ndrangheta stragista” con la quale la Corte d’Assise di Reggio Calabria ha condannato il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, che sono ritenuti espressione della cosca di Gioia Tauro.

Oggi i giudici sono stati in grado di ricostruire le dinamiche che hanno portato nel 1994 Cosa Nostra a non votare più la Democrazia Cristiana e a sostenere invece Forza Italia. Un cambio di rotta condiviso con la ‘ndrangheta. Ci fu una manifestazione clamorosa proprio il 24 febbraio 1994 quando il padre del boss anche suo omonimo “Giuseppe Piromalli, durante un processo che si celebrava a Palmi per l’estorsione per i ripetitori Fininvest, prese la parola in aula e dalla cella gridò: “Voteremo Berlusconi, voteremo Berlusconi”.

A questa circostanza fa seguito un’ intercettazione che è finita nel fascicolo del processo “Rinascita” dove è imputato l’ex senatore di Forza Italia, Giancarlo Pittelli, l’avvocato che viene ritenuto dai Pm catanzaresi trade d’union tra la massoneria e ‘ndrangheta.

Infatti, il 20 luglio del 2018, Pittelli disse a due suoi interlocutori come “per la formazione di Forza Italia, la prima persona che Dell’Utri avrebbe contattato fu Piromalli a Gioia Tauro” che l’ex parlamentare calabrese “accostava, per importanza mafiosa, a Luigi Mancuso”, che è il boss di Limbadi, il più importante imputato del maxi processo che in atto si svolge davanti al Tribunale di Vibo.

Ritornando a “Facciazza” ha rischiato di non uscire più dal carcere perché anni fa era stato condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio consumato nel 1998 di Luigi Ioculano, un medico impegnato in politica a Gioia Tauro. Ma Pino Piromalli venne assolto per insufficienza di prove e tale sentenza è stata poi confermata dalla Cassazione.

Ora è arrivata l’ultima assoluzione nel dicembre scorso nel processo “Provvidenza” e adesso è ritornato in Calabria dove, almeno fino al 1999 e anche dopo mentre era detenuto, secondo la Dda ha guidato la cosca assieme ai suoi fratelli Gioacchino Senior e Nino Piromalli.

Cosicché dopo 22 anni al 41 bis, Piromalli torna libero nel suo territorio appunto regno dei suoi zii paterni: i boss Mommo Piromalli, che è morto nel 1979, e Peppino Piromalli, che invece è deceduto nel 2003.

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