La sconfitta piuttosto rovinosa della sinistra alle recenti elezioni ha costretto per mesi ad una faticosa ripresa di iniziativa e dialogo con la società, ciascuno seguendo i propri schemi e meccanismi. La destra, in queste ultime tornate, ha agito pressoché indisturbata innanzitutto perché il blocco politico che gli si è opposto, diviso era alle elezioni e sostanzialmente diviso é rimasto, è stato incapace di proporre un’alternativa reale al Governo che vede alla guida non una pericolosa riedizione del totalitarismo novecentesco ma una limpida espressione di ciò che rappresenta la destra in Europa: nazionalismo e reazione che si esercita su diversi terreni della società.
Mentre ai confini del Continente infuria la Guerra, (quella di Putin contro l’Ucraina non quella dell’Occidente contro la Russia) all’interno degli Stati una crisi economica post-pandemica avanza e ha assommato, nel caso italiano, problemi vecchi a problemi nuovi, problemi strutturali della Società italiana lasciati marcire che inquietano non poco le nuove generazioni che infatti appaiono le più inquiete per le incognite che gravano su di loro innanzitutto nel campo dell’educazione e del lavoro, di come quest’ultimo viene ristrutturandosi e come vengono salvaguardati sia i diritti reali e tutelare le aspettative ed i bisogni materiali; in una parola, quali prospettive possono esistere affinché un lavoro decente (innanzitutto sul piano salariale) sostituisca un lavoro povero?!
In questo scenario le nuove generazioni dovranno evitare di scontrarsi, non solo, con le vecchie ma anche con i nuovi lavoratori stranieri che già stanno determinando il nuovo sistema sociale del paese con buona pace delle paure “etniche” scatenate da una maldestra campagna di stampo razzistoide.
I nuovi problemi hanno bisogno di essere affrontati con coraggio e riferendosi sempre ad una grammatica politica adattata ai nostri tempi, l’intreccio con il ruolo del sindacato anch’esso chiamato alle nuove sfide del tempo, l’approfondimento e lo studio dei dati che sono a nostra disposizione devono contribuire ad esprimere un’offerta politica e programmatica che tenga assieme valori e interessi di una politica del cambiamento che non si attardi ad agitare i propri miti come tabernacoli da difendere evitando di comprendere che esista una realtà in pieno mutamento.
La Globalizzazione e la sua spinta liberista hanno comunque determinato la necessità di lettura della realtà lontana dal novecento, che non obbliga ad un ripiegamento inerme ma che spinge verso risposte meno scontate verso i problemi che sono moltiplicati nella loro complessità.
Da questo punto di vista é giusto affrancarsi dal passato così come è doveroso non cedere sui principi che sono non negoziabili come per esempio il fondamento democratico della nostra Repubblica che nacque grazie al concorso di forze democratiche che liberarono il paese dalla occupazione straniera e dal regime fascista.
La pacificazione nazionale che è in atto da tempo non ha nulla a che vedere con la riscrittura della Storia che genera equivoci sulla natura non democratica del fascismo.
Ed il nazionalismo che ci viene riproposto porta naturalmente all’amalgama fra nuova e vecchia destra. Avevano messo in guardia i Socialisti il paese quando denunciando la violenza delle inchieste giudiziarie che stavano cancellando i partiti democratici avevano vaticinato il rischio della tenuta del sistema. E dopo trent’anni a questo punto siamo arrivati.
Per questo, oggi celebriamo un mito della resurrezione democratica il 25 Aprile ma anche il mito della sconfitta della democrazia ovvero il linciaggio politico nei confronti di Bettino Craxi il 29 Aprile dopo un libero voto del Parlamento. Si tratta di una duplice occasione di riflessione politica utile per il futuro da consegnare sempre alle nuove generazioni.