I trucchi delle compagnie petrolifere per aggirare le sanzioni europee sul petrolio russo

Continuano le pressioni di Bruxelles su Mosca per mettere fine alla guerra di Putin. Ma, come spesso accade, “facta lex inventa fraus” e, come al solito, a rimetterci sono quasi sempre i poveri cittadini che vengono obbligati a pagare ulteriormente il prezzo della guerra che vedrà l’inflazione colpire, ancora una volta, il settore energetico e non solo.

Ma la dipendenza dalle esportazioni russe di materie prime di vitale importanza giocano un ruolo chiave nella vicenda, infatti, nonostante le sanzioni, l’Europa non può fare a meno di alcune materie prime russe.

Tuttavia, nel mese di aprile le esportazioni di petrolio dai porti russi verso quelli europei hanno raggiunto una media di 1,6 milioni di barili al giorno, rispetto a un milione registrato nel mese di marzo.

Così, dall’inizio dell’invasione in Ucraina, la Russia, grazie agli ultimi aumenti del greggio, ha incassato dall’esportazione di gas, carbone, petrolio solo dall’Europa il doppio rispetto allo stesso periodo del 2021.

Ma c’è di più, dietro a questo flusso costante di petrolio russo c’è un mercato molto ambiguo. Le petroliere russe hanno messo a punto una serie di trucchi per esportare il greggio.

Secondo il Polish Economic Institute, la Russia starebbe cercando di aggirare le restrizioni tramite i paradisi fiscali.

Un team di esperti e analisti polacchi ha denunciato la scomparsa dai radar, il 5 aprile, di ben 431 petroliere russe su 710 registrate in partenza dai porti.

L’ipotesi: guasto tecnico, di 410 petroliere su 710 nello stesso giorno, pare a dir poco assurda e, infatti, i ricercatori del Polish Economic Institute parlano di “una disconnessione deliberata dei sistemi di localizzazione”.

Dopo esser sparite dai radar le petroliere richiedono una procedura di trasferimento formale e una nuova registrazione nei paradisi fiscali che offrono le cosiddette “bandiere di comodo”.

Ma non è una novità!

Infatti, circa il 30% delle 30mila petroliere registrate nel mondo batte bandiere di Panama, isole Marshall, Liberia, Saint Vincent e Grenadine, mentre il 43 per cento delle grandi petroliere mondiali risulta registrato nelle Isole Marshall (680), in Liberia (610) e a Panama (318).

Issando bandiera di altra provenienza, le petroliere russe, arrivano nell’Unione europea molto facilmente aggirando le sanzioni.

Ma è impossibile non vedere chi ci guadagna da tutta la vicenda. Grandi compagnie petrolifere e speculatori dell’alta finanza stanno facendo carne da cannone di aziende e famiglie italiane ed europee, con il benestare degli stati, adoperando le sanzioni e aggirandole per fare un profitto maggiore. E’ vergognoso.

Giochi di prestigio

Infatti, c’è un altro trucco per aggirare la legge. In un’inchiesta del Wall Street Journal si dice che molte consegne avvengono attraverso petroliere con destinazione ignota.

Una volta al largo, il petrolio russo viene miscelato con petrolio di altra provenienza su navi più grandi confondendone l’origine.

TankerTrackers sostiene che nella prima metà di aprile siano stati caricati più di 11,1 milioni di barili su petroliere senza rotta, mentre prima dell’invasione il fenomeno praticamente non esisteva.

Sempre secondo il Wall Street Journal le principali aziende petrolifere avrebbero noleggiato navi per trasportare il greggio dai terminal russi verso i porti europei.

Shell, Exxon ed Eni hanno addirittura trasportato petrolio dal Kazakistan passando presso un porto russo. La Shell infatti ha dichiarato che un prodotto viene considerato russo se contiene il 50% o più di materia prima russa. Se il petrolio russo rimane al 49,9% può andar bene.

La dichiarazione di Shell presenta una realtà ineluttabile che fa vedere le sanzioni sotto una nuova luce: un “oppio per i popoli” nocivo e ipocrita che sta portando alla fame e alla miseria la povera gente.

In tutto questo scenario ingannevole, autocratico e isterico dove sono i patrioti?

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