Da tutto il mondo giungono immagini desolanti nel tempo della pandemia che ci lasciano senza fiato. Ma certamente provocano sconcerto e tristezza le foto che provengono dagli Stati Uniti ad Hart Island, isoletta di 1,6 km per 500 metri al largo del Bronx, laddove si seppelliscono in fosse comuni i morti di New York, di tutti coloro che non hanno amici, familiari e di chi non può permettersi un funerale.
Così ad Hart Island in bare chiare adesso arrivano i morti di Coronavirus e ora decine di detenuti della prigione di Rikers Island sono stati impiegati con assunzioni a contratto per scavare grandi sepolture comuni. Arrivano ogni settimana da venti a venticinque base nella capitale mondiale del contagio che ormai conta 159.000.
Sull’isola, dal 1980, sono stati sepolti circa 70 mila cadaveri. Mentre il suo uso come cimitero — e prima anche come rifugio per i senzatetto, fino agli anni Settanta, e prima ancora come penitenziario — è molto più lontano nel tempo. Si calcola che nell’isola siano seppelliti più di un milione di cadaveri e questo luogo per un newyorkese è simbolo della fine di una vita colma di solitudine e povertà estrema.
Ma oggi che la metropoli pullula di morti e non sa più dove metterli essendo le sepolture quadruplicate e con gli obitori straripanti diventa anche il simbolo della tragedia del covid 19. Fino al 1986, moltissimi morti di Aids venivano sepolti a Hart Island, in una parte separata dell’isola e a una profondità maggiore e si trovano lì anche dei bambini. Insieme a quei poveri morti la nostra umanità sembra affondare sottoterra.