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GIUSTIZIA: MOLTO DA FARE

by Bobo Craxi

Sulla giustizia c’è molto, molto, da fare e non da oggi.

Si tratta di adeguare regole agli standard dei paesi civili e di attenuare il carattere insindacabile del potere autonomo dei giudici, autonomia di un potere che i costituenti fecero nascere in un altro periodo storico e con un altro spirito.

Si tratta anche di occuparsi dei temi dimenticati dalla politica, come lo stato delle carceri, l’umanità verso i detenuti, il rispetto dei rari provvedimenti garantisti che sono stati assunti, cosa che non è accaduta.

Da più di due anni circa settecento persone, formalmente ancora detenute, sommano una licenza straordinaria alla ordinaria semilibertà, non facendo rientro in carcere neanche per dormire.

È questo l’effetto di una saggia misura anti-Covid che ha consentito di alleggerire le presenze in carcere, di mettere a disposizione camere detentive per la prevenzione della diffusione del virus e di evitare che il loro rientro notturno in carcere potesse essere esso stesso fonte di contagio per il resto della comunità penitenziaria.

La normativa anti-Covid è in scadenza e, a meno che il governo rinnovi il provvedimento tenendo conto della buona condotta o che quanto meno assegni ai detenuti il regime di semi-libertà, ora queste Settecento persone saranno costrette a rientrare in carcere il 31 dicembre.

Il Carcere recita l’art27 della Costituzione dovrebbe avere una funzione rieducativa e mirare al reinserimento nella società dei cittadini che delinquono.

La fuga dei minorenni (che esattamente non abbiamo capito se siano tali) dal Carcere minorile milanese intitolato non a caso al Beccaria riporta alla ribalta una questione abbastanza antica.

Sono o non sono penitenziari riabilitativi queste strutture?

Il Beccaria per un lungo periodo lo fu. Come testimonia Don Rigoldi che ha sempre seguito da vicino la questione.

Era prassi per noi giovani socialisti della fgs testimoniare la notte di natale nella struttura negli anni ottanta assieme ai compagni del partito radicale. Sulla scorta di quell’impegno nacque la benemerita associazione “Nessuno tocchi Caino” della quale mi onoro di far parte.

Molte innovazioni in quegli anni furono adottate. Ma son passati quasi quarant’anni. L’affollamento é stato uno dei grandi problemi da affrontare assieme all’intrusione nella struttura di detenuti non più in età minorile ma considerati tali.

É probabile che i ragazzi evasi non lo fossero. Ora, pur manifestando solidarietà ai lavoratori che svolgono la propria attività in condizioni assai difficili, é lecito chiedere e domandare che si faccia luce non solo sul caso specifico (i ragazzi evasi non sono delle “belve” da “catturare”) ma più in generale sulle condizioni di queste strutture riservate ai minori come agli adulti.

Uno Stato di diritto si fa rispettare quanto più é in grado di osservare i dettami costituzionali, nulla a che vedere con l’idea di impunità ma molto a che vedere con il concetto di umanità che sta alla base di ogni Società Civile avanzata.

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