Giuseppe Scalia, sindacalista socialista assassinato dalla mafia con due bombe a mano

In Italia doveva ancora nascere la Repubblica e, nella terra di Sicilia, si consumavano misfatti e omicidi anche con l’uso di armi da guerra.

Il 25 novembre 1945 morì a Cattolica Eraclea, in provincia di Agrigento, dopo essere stato gravemente ferito con due bombe a mano lanciate da sicari mafiosi, un sindacalista socialista. Era un contadino di 39 anni e si chiamava Giuseppe Scalia.

Da giovane Scalia, nato in una povera famiglia di contadini, finita la guerra, si era messo alla testa del movimento dei braccianti che lottarono per l’assegnazione delle terre incolte e la realizzazione della riforma agraria che ebbe una prima attuazione con i decreti Gullo dell’ottobre del 1944, primo tentativo di ripartizione della ricchezza derivante dall’agricoltura.

Il movimento contadino siciliano, sin dalla firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943, quando ancora gli Americani occupavano l’Isola, puntò su precisi obiettivi: lotta per i granai del popolo e per l’applicazione del decreto Gullo sulla divisione del prodotto; lotta per l’assegnazione delle terre incolte e mal coltivate.

I nuovi diritti dei contadini, stabiliti dai decreti emanati dai primi governi del dopoguerra per lenire le misere condizioni del Meridione, riguardavano appunto soprattutto i granai del popolo, la divisione dei prodotti e delle terre.

I granai del popolo furono istituiti per l’ammasso obbligato del grano per fronteggiare il fabbisogno alimentare e furono apertamente boicottati da agrari e mafiosi.

Il ministro dell’Agricoltura, il comunista calabrese Fausto Gullo, facente parte di governo nazionale della coalizione antifascista, formata da democristiani, socialisti e comunisti, emanò alcuni decreti con l’intento di mitigare le misere condizioni di vita dei contadini.

I due decreti più rilevanti riguardarono la ripartizione dei prodotti nei contratti di mezzadria e la concessione delle terre incolte e mal coltivate ai contadini associati in cooperativa.

Iniziarono così le proteste e le agitazioni sin dall’estate del 1945 per l’attuazione del decreto Gullo sulla divisione dei prodotti (il 60% ai contadini coltivatori, il 40% ai proprietari).

In Sicilia il pactum sceleris tra agrari e mafia si opponeva a queste misure e a qualsiasi riforma e, quindi, si organizzò per reprimere con la violenza il movimento contadino.

Giuseppe fu un fondatore della cooperativa agricola “La Proletaria” mostrando di possedere capacità di lotta di solide convinzioni politiche e per queste doti gli venne affidata la carica di segretario della Camera del lavoro di Cattolica Eraclea.

Ricoprì questo incarico con passione conquistando la stima di tutti gli iscritti trascinandoli alla lotta per la sua tenace intelligenza e per questo motivo la mafia locale degli agrari lo mise all’indice nel tentativo di conservare i propri privilegi.

Ricevette numerose minacce di morte ma Scalia non rinunciò a girare in lungo e largo le campagne dell’agrigentino, recandosi anche nei centri vicini per agitare e sostenere le lotte dei contadini di Siculiana, Montallegro e Sciacca.

Proprio in attesa delle prime libere elezioni amministrative del 1946 la mafia lanciò la sua offensiva contro il movimento contadino.

Scalia fu colpito a morte in modo eclatante per intimidire e impaurire i contadini in lotta. Furono usate armi da guerra il 18 novembre del 1945 verso le ore 19, mentre il povero sindacalista passeggiava davanti alla sede della Camera del Lavoro insieme a Aurelio Bentivegna, vicesindaco socialista del paese.

Fu ferito in modo gravissimo e morì il 25 novembre in ospedale. Gli agrari erano i mandanti e i gabellotti mafiosi furono gli esecutori di questo orrendo delitto. Si trattava di un tragico copione che si ripeteva con l’intento di sedare il movimento socialista, eliminando il capo più attivo e carismatico.

La polizia locale non fece quasi nulla, non furono aperte neanche le indagini e nessuno dei familiari di Giuseppe Scalia fu interrogato, tra l’altro anch’essi fondatori della “Cooperativa La Proletaria”.

Inoltre non fu chiamato a deporre neanche Aurelio Bentivegna, rimasto ferito con Scalia, tra l’altro anche lui venne minacciato e colpito da denunce e persecuzioni di vario tipo.

Anche il barbaro omicidio di Scalia non trovò giustizia e non furono mai trovati i responsabili. Il nome di Giuseppe Scalia è comparso nel primo elenco ufficiale delle vittime della mafia che è stato redatto dalla commissione parlamentare sul fenomeno mafioso in Sicilia nel 1967.

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