Se fossi una persona più sveglia e accorta riuscirei a tirare le somme di questi primi mesi del governo Meloni. La premier della Garbatella si è presentata come un Underdog, una persona che viene dal basso e che si erge a tutela dei deboli.
Ma quanto c’è di veritiero nei discorsi della premier lo si può valutare solo dalle politiche.
La situazione per Meloni è complessa, per usare un eufemismo. La premier si è ritrovata un Paese che viene dalla pandemia e dai lockdown, che hanno rallentato gran parte della produzione, e con la guerra e le sanzioni, che hanno influito sui costi delle materie prime, la ripartenza diventa sempre più in salita.
Ma se Meloni rappresenta un governo di destra che ha poca stima della classe operaia, anche se da loro ha preso molti voti, cosa farebbe per migliorare la situazione economica dell’Italia?
Per l’esecutivo attuale crescere tutti insieme non si può. Ecco perché Giorgia Meloni privilegia alcune parti sociali piuttosto che altre.
Liberi professionisti e imprenditori sono al centro del piano del governo Meloni e se, questi ultimi, utilizzassero l’aumento del tetto al contante per evadere e pagare in nero si avvantaggiano pure meglio.
Abbiamo un Paese che nei prossimi periodi vedrà le proprie industrie fallire o migrare per i costi delle materie prime, che non riguardano solo l’energia, e, quindi, come può un governo di destra pensare di uscire dalla situazione attuale?
C’è solo un modo cari elettori di attrarre investitori stranieri con le politiche attuali! Abolire i diritti dei cittadini meno privilegiati, i lavoratori, per far fare più introiti e contribuire al Pil.
Sono proprio i dimenticati le vittime designate di questo sistema, coloro che sono ancorati a questa realtà tanto da non poter riuscire a racimolare neanche il budget per migrare altrove.
Il lavoro come strumento di ricatto
La prima cosa da fare per il governo in carica era aumentare la povertà e introdurre contratti da fame magari con paga giornaliera e, in questo, la promessa di abolizione del Reddito di Cittadinanza, che nel bene o nel male ha influito all’innalzamento dei diritti e del salario dei lavoratori, e l’introduzione di voucher fanno intendere chiaramente quale sia l’obiettivo reale del governo Meloni.
Inoltre abbassare le tasse a chi assume solo nel breve periodo, senza stabilire alcuna garanzia che quei soldi vengano utilizzati realmente per tutelare i nuovi assunti e non i datori, rappresenta la vera presa in giro di questo governo.
Infatti, questa nuova manovra, mette il datore di lavoro davanti ad una scelta: essere magnanimo o schiavista. E’ a lui che spetta questa decisione mentre lo Stato se ne infischia.
Il salario minimo non è stato istituito e grazie all’abolizione del Reddito di Cittadinanza i nuovi lavoratori, costretti alla povertà, non potranno evitare di accettare lavori sottopagati da 500/600 euro al mese, da 12 ore lavorative fatte in condizioni di sicurezza precaria. Quando la fame mangia lo stomaco e quando sai di poter essere sostituito da altri mille ingranaggi come te l’omertà nei confronti del datore di lavoro disonesto diventa un obbligo e non più una scelta.
Ma l’Italia, ci dice la premier, è un Paese di lavativi e fancazzisti. E’ questa la narrazione della Meloni che, mascherando questa falsa verità, le permette di continuare a mettere nel trita rifiuti i diritti dei lavoratori che, a differenza di altri stati europei, hanno subito notevoli passi indietro negli ultimi 30 anni; soprattutto per colpa della sinistra finita a fare le veci della destra.
Ma se la sinistra non si occupa più di lavoro e lavoratori, a maggior ragione, perché dovrebbe farlo la destra?
Il lavoro negli ultimi anni si è inflazionato alla grande e i diritti dei lavoratori impiegati nel privato vengono sempre meno.
Una persona che possiede uno straccio di lavoro in Italia non ha alcun diritto di salario, non può avere garanzie sulla durata del lavoro e si mette alla mercé del datore di lavoro quasi fosse uno strumento e non più un essere umano.
L’abolizione dell’articolo 18 da parte di Renzi è stata la stangata finale nei confronti dei lavoratori.
Un cittadino che oggi ha voglia di lavorare in Italia non ha una garanzia di un impiego duraturo, che venga pagato il giusto e che non venga sfruttato.
L’italiano medio medio non ha possibilità di sobbarcarsi un mutuo e di fare investimenti a lungo termine.
I nuovi poveri non possono ergersi dalla loro situazione di povertà perché la nostra società non permette loro di formarsi, di studiare e di viaggiare. Una società che non sfrutta ogni suo possibile talento è una società destinata a fallire e ad arretrare.
Ma il regalo di Natale del governo Meloni, con le ultime mosse, ci ha donato un’Italia di stenti, di lavoratori che hanno diritti da terzo mondo e che non si possono in alcun modo ribellare al proprio datore.
Nel Bel Paese, di fame e di rinunce si muore; si sopravvive solo se si viene sfruttati dai prevaricatori.
Ecco perché, è finito il momento dei sorrisini e delle finte promesse adornate da un po’ di sano vittimismo, è ora che la premier getti la maschera e che, da romana qual è, dica le cose come stanno: a Giorgia Meloni, dei lavoratori e dei poveri, non gliene può fregar de meno.