Monta ancora la polemica legata all’inchiesta sulla Fondazione Open. E così, dopo la pubblicazione dell’estratto conto di Matteo Renzi da parte del Fatto Quotidiano, c’è l’inchiesta della British Tobacco che farà passare notti insonne al leader di Italia Viva.
Che si tratti di una vicenda assai strana è di per sé evidente visto che oramai sono anni che i magistrati sono attratti da Renzi e dalle sue eventuali malefatte.
Questo accanimento nei confronti di chi viaggia ai bordi della legalità grazie alle leggi inique del nostro Paese ultimamente va di moda tra i magistrati.
Infatti Renzi è il classico individuo che prima di fare una legge ha già trovato l’inghippo. Si pensi alla Open, alla questione Arabia e al suo ruolo di lobbista mentre è legato a doppio filo con la politica italiana, tanto da decidere destino e sorti dei governi.
Sono cose legali, certo, ma anche il più credulone dei cittadini trova evidente il fatto che Renzi utilizzi la politica solo per fare i suoi porci comodi, nonostante si fosse presentato in passato come il nuovo Robespierre.
Fu proprio lui a dire che: “Se vuoi fare i soldi non fai il politico, se hai un saldo diverso qualcosa non torna”. Peccato che Renzi abbia guadagnato 2,6 milioni di euro in un anno che non è di certo uno stipendio da politico, cos’è che non torna? Verrebbe da chiedere al senatore Renzi.
In passato avrebbero lanciato monetine alle persone solo per il fatto di essere stati finanziati dalle imprese private, figuriamoci fare i loro interessi.
Infatti, ciò che in passato veniva disprezzato in maniera così viscerale, oggi, la Fondazione Open lo fa alla luce del sole e, in piena legalità, raccoglie i soldi dalle multinazionali che si legano a doppio filo ad Italia Viva.
Non si sa in cosa sia implicata la Fondazione di Renzi per il momento, ma in seguito a questi finanziamenti privati, che ricevono tutti, è difficile da credere che non si vendano pacchetti di servizi inclusi nel prezzo. Nessuno ti da niente per niente e credere il contrario è ingenuo.
Che i finanziamenti in politica siano elargiti per tornaconto, per molti imprenditori è una prassi. Quindi, trattare Renzi come una mosca bianca quando il fenomeno è sotto gli occhi di tutti non da l’idea di essere un atteggiamento giusto.
E’ fresca la notizia della Stampa che arricchisce la vicenda Renzi e Open con un nuovo capitolo: il “British Tobacco Gate”.
Nel novembre 2017, viene “affossato un emendamento sfavorevole alla multinazionale di sigarette che finanziò la Leopolda”. La procura vuole verificare il ruolo di Luca Lotti nella vicenda e quanto abbia influito nella decisione finale.
Ma la vicenda viene spiegata da Gianluca Paolucci e Giuseppe Salvaggiulo su La Stampa, che scrive: “La multinazionale è una storica e munifica finanziatrice di Open: 250mila euro. Le chat acquisite nell’inchiesta raccontano della presenza dei suoi manager alla Leopolda per conoscere i membri Pd del governo”.
“Di fronte alla prospettiva dell’approvazione dell’emendamento anti Big Tobacco – spiegano – i vertici italiani della multinazionale si mobilitano. Chattano con Lotti, interessano i suoi collaboratori, arrivano al sottosegretario Baretta e ad Antonio Funiciello, nello staff del premier Gentiloni. Obiettivo: “la morte dell’emendamento”, questione “vitale per noi”.
In seguito, secondo la Stampa, Lotti si attiva e chiama un suo collaboratore che presidia la commissione e informa i manager. Infine il ministro comunica la vittoria: “Da riunione maggioranza emendamento morto”, conclude La Stampa.
Insomma, la stessa dirigenza di partito che ha eliminato un articolo, il 18, che proteggeva i diritti di moltissimi lavoratori e lavoratrici a discapito delle multinazionali, è lo stesso gruppo, si presume, che abbia lavorato per abolire una legge che avrebbe penalizzato un suo sponsor che ogni anno fa milioni di vittime con i suoi prodotti.
La cosa dovrebbe indignare, se fossimo in un Paese normale e con un pizzico di amor di patria, ma, purtroppo, non è così in Italia, dove il finanziamento privato ha dato la possibilità ai partiti e ad esponenti politici di vendere la propria anima al diavolo.
In tempi di crisi, deve esserci un limite alla spesa politica, e i finanziamenti privati devono avere un tetto massimo, affinché non sia poi così facile elargire denaro in cambio di favori politici.
Raccogliere finanziamenti privati può essere regolarizzato. Non si dovrebbe superare una certa soglia massima di raccolta e ogni partito può raccogliere, in percentuale, in base ai voti che ha preso in precedenza.
Si potrebbe mettere un prezzo definitivo per ogni voto, ad esempio, tipo 4 euro a voto, e chi eccede e raccoglie di più della quota fruibile li può utilizzare alla campagna successiva, oppure si possono mettere all’interno di un fondo adibito per scuole, imprese e opere.
Anche se sarebbe difficile da far apprezzare ai politici questa proposta, o una proposta alternativa, non si può più assistere allo spettacolo indecente di compravendita che vediamo. Le soluzioni da applicare possono essere molteplici, ma ciò che manca è la volontà.
Servono nuove regole, affinché il potere politico non finisca sempre di più nelle mani delle multinazionali. Le grandi aziende e l’alta finanza, ahinoi, non si fermano al finanziamento privato per attrarre i partiti dalla loro, ma, hanno anche la possibilità di ricattare, questi ultimi, facendo leva sugli investimenti e la creazione di nuovi posti di lavoro che di conseguenza portano voti e consensi ai politici.
Mettere un finanziamento privato che non superi 500 euro, può essere il modo giusto per impedire alle aziende di corrompere con cifre determinanti per le campagne elettorali. Infine creare imprese, partecipate o pubbliche, dovrebbe essere la risposta ai mancati investimenti dell’alta finanza e delle multinazionali che vengono utilizzati per ricattare gli Stati, per favorire norme che possono nuocere la salute o per introdurre leggi da terzo o quarto mondo.