L’elezione del presidente della Repubblica italiana è stata un disastro epocale, ognuno apparecchiava la tavola per sé e, alla fine, tutto è rimasto come prima. Uno strano grido d’aiuto che arriva direttamente dal Parlamento e che ci dice a gran voce che: “Il sistema non funziona”.
Probabilmente, la legge elettorale, che dona pochissimo libero arbitrio ai parlamentari, è il problema centrale della crisi rappresentativa; infatti, per la vanità dei leader e nell’indecisione, assoggettati anche dal forte desiderio di mantenere un equilibrio in una situazione molto delicata, la decisione è dovuta provenire dalle retrovie. Ma solo dopo una serie di votazioni estenuanti.
La decisione di eleggere una qualsiasi figura dello Stato spetta al Parlamento, senza ombra di dubbio. Ma non è più così da tempo.
Oramai, i leader sono troppo potenziati dalla forza dei partiti forti e hanno trasferito troppo potere nelle proprie mani e, così, al posto di avere una possibilità limitata di proporre, si permettono il lusso di decidere al posto dei parlamentari stessi, relegati al semplice ruolo di passacarte e resi incapaci di rappresentare. Comportamento attribuibile più a degli automi che a delle menti pensanti.
Ma è proprio quando avviene il contrario dell’ordine prestabilito che avvengono le faide all’interno dei partiti o delle maggioranze. Ed è quel che è successo anche tra Conte e Di Maio.
Il tentativo di Conte di proporre un leader che parte del suo partito non voleva, per ragioni personali o di interesse pubblico, ha fatto sì che la lite sfociasse.
E allo stimolo del premier di Foggia, la vanità di Di Maio è scoppiata come un fiume in piena e il suo tentativo grottesco di salire con prepotenza sul carro dei vincitori non gli fa notare l’enorme fallimento dei suoi amati cinquestelle.
Ma ora è proprio l’ex premier che punta il dito contro l’attuale ministro degli esteri quando dice che “Di Maio dovrà rendere conto di diverse condotte, molto gravi. Ai nostri iscritti e alla nostra comunità”.
E alla domanda sulla scissione, Conte risponde così. “Non ho mai lavorato per procurare scissioni – dice l’ex premier – è evidente che questo è il momento di un chiarimento. Una comunità di donne e uomini, anche nella diversità di opinioni, deve perseguire un’azione politica in modo coerente e compatto”.
Ma come avverrà questo chiarimento? “Stabiliremo tempi e modi per un confronto trasparente”, ha aggiunto Conte.
E così, dopo le dichiarazioni dell’ex premier, ecco che Di Maio risponde mettendo una foto sulla sua pagina Facebook del suo pranzo proprio con la direttrice del dipartimento delle informazioni per la sicurezza, Elisabetta Belloni.
“Con il Ministro Di Maio c’è un’amicizia sempre più solida. Di Maio è sempre leale”. Queste le parole di Elisabetta Belloni, alla quale mi legano una profonda stima e una grande amicizia”, si legge sul profilo social del ministro degli Esteri.
“Una professionista straordinaria, con un immenso attaccamento alle Istituzioni. Oggi a pranzo ho fatto una piacevole chiacchierata con lei. Grazie Elisabetta, condivido pienamente quello che pensi del nostro rapporto”, prosegue il post.
Nessuno vuole mettere in dubbio il giudizio della prima presidente della Repubblica donna, mancata, ma parlare di lealtà dopo un colpo così basso pare kafkiano persino per Di Maio.