Corsa per il Quirinale: Il Parlamento non decide ma alla quarta votazione potrebbe esserci la svolta

Di Gaia Marino

Come prevedibile i nostri legislatori non sono riusciti a eleggere un nuovo capo di Stato per il terzo giorno consecutivo, mercoledì, senza che un candidato consensuale sia emerso per sostituire il presidente uscente Sergio Mattarella.

La corsa per il prestigioso ruolo è spalancata e sulla carta né il centrodestra né il centrosinistra hanno abbastanza voti per favorire il loro candidato, il che significa che sarà probabilmente necessaria una sorta di accordo, di compromesso.

Un quarto turno di votazioni, che inizierà alle 11.00 di domani, potrebbe rivelarsi meno prevedibile perché la soglia richiesta per le elezioni è notevolmente inferiore.

Il primo ministro Mario Draghi rimane ancora in corsa, ma le preoccupazioni che la sua promozione a presidente possa causare la disintegrazione della sua coalizione di governo e l’avvio di elezioni parlamentari anticipate hanno offuscato le prospettive di una sua salita al colle.

“Avremmo settimane di confusione se Draghi lasciasse il governo… Sarebbe un problema in mezzo a una crisi sanitaria, una crisi energetica, una crisi economica”, ha detto mercoledì il leader della Lega di destra Matteo Salvini.

Tra i principali capi di partito l’unico che sostiene pubblicamente la candidatura di Draghi alla presidenza è Enrico Letta del Pd di centrosinistra.

Il presidente è una figura chiave in Italia. Ha l’ultima parola nel nominare il primo ministro ed è spesso chiamato a risolvere le crisi politiche nella terza economia più grande della zona euro, dove i governi sopravvivono in media appena un anno.

Una fonte di alto livello del PD ha detto che Letta potrebbe accettare sia Draghi che Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera.

Mercoledì, i legislatori e delegati regionali hanno votato in prevalenza con schede bianche come avevano fatto nei due turni di voto precedenti, un modo per giocare con il tempo mentre i loro leader negoziano.

Un candidato prescelto ha bisogno di una maggioranza di due terzi in uno qualsiasi dei primi tre turni. Dal quarto turno la soglia si abbassa alla maggioranza assoluta, ovvero 505 voti.

Ciò significa che è possibile che una parte possa provare a far passare un candidato sperando che, allo scrutinio segreto, possa ottenere il sostegno di legislatori non affiliati o alcuni voti dall’altra parte.

Una mossa del genere è considerata più probabile che provenga dal centrodestra, che potrebbe avere a disposizione la carta Matteo Renzi dalla sua.

Francesco Boccia, PD, ha detto al blocco conservatore che “se la maggioranza si dovesse dividere (sul voto presidenziale), per quanto ci riguarda la legislatura è finita, è un dato di fatto”.

Martedì il blocco di centrodestra ha presentato tre candidati tra le sue fila Pera, Moratti e Nordio – l’ex presidente del Senato, l’ex sindaco di Milano e un magistrato in pensione – ma la coalizione di centrosinistra ha respinto i tre e ha chiesto ulteriori colloqui.

Tra i nomi alternativi al capo dello Stato circolati sui media figurano l’ex premier Giuliano Amato e la presidente del Senato Elisabetta Casellati, favorita da molti a destra.

Letta ha avvertito con forza il centrodestra di non tentare di eleggere giovedì Casellati, dicendo che sarebbe “assurdo e incomprensibile… il modo più diretto per far saltare tutto”.

Alcuni politici vogliono che il presidente uscente dell’Italia accetti un secondo mandato.

Mattarella, 80 anni, finora lo ha escluso, ma ha comunque ottenuto più di 120 voti al ballottaggio di mercoledì, suggerendo che molti legislatori sperano che possa cambiare idea.

Infatti, occhio alla variante: non sarebbe da escludere, dicono alcuni legislatori, una rielezione di Sergio Mattarella con dimissioni successive alle elezioni.

Perché ricordiamolo, anche se fosse il presidente di tutti gli italiani, dalla prossima legislatura in poi, il neo presidente, diverrebbe comunque illegittimo.

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