Cosa fare per allontanare l’incertezza che è la madre di tutte le paure? Come arrivare a “sapere come procedere” come suggeriva l’imperativo di Wittgenstein nelle sue ricerche filosofiche?
L’epidemia nella globalizzazione pone quesiti in ordine alle risposte sanitarie efficaci, ai processi decisionali democratici, all’affidabilità della comunicazione e alla capacità di governance in senso più generale ed è indubbio che siamo piombati nella certezza di una metamorfosi mondiale che modificherà radicalmente e rapidamente i comportamenti individuali e gli approcci politici dinnanzi a fenomenologie così vaste e potenzialmente devastanti.
Il punto della percezione aumentata dei rischi globali che minacciano l’esistenza spesso invisibili e fuori controllo è che erode, pressoché totalmente, il potere della decisione politica a “vantaggio” della “espertocrazia”, ovvero la cupola della scienza e degli esperti che assumono il ruolo di assoluti plenipotenziari delle decisioni da cui derivano gli effetti della salute ma anche sui vincoli che producono problemi economici e amministrativi.
E la stessa comunità scientifica mondiale può d’altronde detenere un punto di vista non neutrale ma sviluppato da diverse e varie prospettive. Nel caso dei virus, che sono sovente lo stesso prodotto di una ricerca scientifica, possiamo avere un genere di esperti che sono al contempo generatori e creatori del rischio a differenza per esempio dei climatologi che sono esperti “secondari” e non generatori del rischio. Non è stato quindi un fulmine a ciel sereno vedere sfidarsi a tenzone pubblica medici, esperti, virologi che hanno confutato la genesi e la prospettiva del virus corona ingenerando, com’era naturale che fosse, nell’opinione pubblica mondiale più l’incertezza che la tranquillità. D’altronde, in una discussione globale sulla salute chi può partecipare al dibattito? Chi comanda? Chi deve limitarsi a tacere?
La politicizzazione globale della scienza e, nel caso italiano, l’uso politico della crisi sanitaria ha portato alla luce con evidenza una sottostante struttura che ci ha condotto alla “irresponsabilità organizzata” che ha generato il panico e che ha alimentato l’incertezza totale sulla durata degli effetti della epidemia sanitaria, sulla efficacia delle decisioni assunte con il concorso dell’espertocrazia e sui limiti del ricorso all’uso politico della sanità in direzione di una maggiore o minore prevenzione al contagio. Il nuovo ordine mondiale globale ha reso virali economie e informazione ma ha riportato nel ristretto dominio delle sovranità nazionali la tutela del diritto alla vita dei cittadini dei singoli stati cosicché la vittoria del sovranismo italiano si è rivelata grande e tragica, la prima e ultima grande affermazione della sovranità che si è trasformata in un clamoroso e paradossale boomerang.
Assumono per questo maggiore forza le ragioni di una coabitazione umana necessaria. C’è una strada che porta inevitabilmente all’estinzione collettiva e una invece fondata sulla cooperazione che spinge tendenzialmente verso il benessere. È il bivio di fronte al quale per l’ennesima volta un rischio globale ci ha posto dinnanzi e che interroga naturalmente non soltanto ogni essere umano ma le entità collettive che lo rappresentano, innanzitutto quelle politiche che devono essere la sintesi più alta del corollario di decisori che vengono chiamati a concorrere evitando il dominio incontrollato dell”espertocrazia” e a non speculare o strumentalizzare.
Sapere come procedere, quindi. Non è semplice, non è facile, e la prova con errore per quanto generosa non determina un nuovo ordine nella metamorfosi mondiale ma genera l’incertezza che è quella che attualmente stiamo vivendo. L’umanità messa in pericolo spinge nuove volontà di conoscenza e libera energie fino a oggi tenute sopite. È in atto un cambiamento nel nostro modo di essere e stare nel mondo. Comprendere e conoscere serve ad adattarsi.