Classe dirigente e burocrazia: I nemici più ostici del governo Draghi

Il primo ministro Mario Draghi ha fissato un ambizioso calendario di riforme per rilanciare l’economia italiana cronicamente fiacca dopo la pandemia di COVID-19, ma le controversie politiche e la burocrazia stucchevole stanno iniziando a intralciarlo su più fronti.

Il governo sta cercando da settimane di superare le divisioni nella coalizione multipartitica sulla riforma fiscale e una legge sulla concorrenza di mercato che Draghi aveva promesso entro la fine di luglio nell’ambito del Piano di risanamento di Roma.

Presentato all’Unione Europea ad aprile, il Piano prevede investimenti infrastrutturali e riforme per aumentare il potenziale di crescita dell’Italia e ottenere oltre 200 miliardi di euro di fondi UE nei prossimi sei anni.

“I ritardi nelle riforme mettono a rischio le prossime tranche di denaro Ue, e soprattutto fanno arretrare ciò che è più importante, che il Recovery Plan sia messo in atto in modo rapido ed efficace”, ha dichiarato Carlo Bonomi presidente di Confindustria, giovedì, durante l’assemblea annuale.

Draghi ha fatto un buon inizio, soddisfacendo i requisiti iniziali necessari per sbloccare una prima tranche di 25 miliardi di euro, che è stata pagata dall’UE ad agosto.

Ha anche stretto un accordo di coalizione per approvare una riforma del sistema di giustizia penale molto contestata, mentre nuove regole per accelerare le cause civili sono vicine all’approvazione in Parlamento.

Tuttavia, dei 51 obiettivi fissati nel Piano di risanamento per il 2021, 38 sono rimasti per il quarto trimestre e il governo sembra vacillare proprio quando ha bisogno di accelerare.

I commissari speciali responsabili della supervisione dei progetti infrastrutturali del piano hanno recentemente scritto al governo lamentandosi del fatto che la burocrazia sta ostacolando il loro lavoro.

Un altro commissario, Pasqualino Monti, responsabile dei porti della Sicilia occidentale, ha avvertito che se la burocrazia statale continuerà a fare da freno ai progetti “incontreremo un ostacolo insormontabile come la Grande muraglia cinese”.

In una dichiarazione dopo la riunione di gabinetto di giovedì, il governo ha esortato i ministri a presentare una road map per tutti gli interventi necessari e ha affermato che sta valutando nuove misure per accelerare i progetti.

Saranno convocate riunioni di tutte le amministrazioni coinvolte per monitorare l’andamento del piano nazionale di risanamento ed evidenziare eventuali ostacoli.

Draghi si scontra con le stesse difficoltà che da decenni attanagliano l’Italia: frammentazione politica, burocrazia e campagna elettorale e propaganda quasi costante.

Le grandi città, tra cui Roma e Milano, eleggeranno nuovi sindaci il 3-4 ottobre, e i partiti del governo di unità nazionale di Draghi non sono disposti a fare nulla che possa turbare il loro elettorato.

I problemi che Draghi sta avendo ora erano inevitabili. Abbiamo vissuto nell’illusione collettiva che un gruppo di tecnocrati potesse aggiustare tutto, ma queste sono decisioni politiche, non tecniche, e sono in gioco interessi contrastanti.

Ci sono paralleli tra Draghi e Mario Monti, altro tecnocrate apartitico che ha guidato una coalizione altrettanto ampia per poco più di un anno dal 2011, quando è entrato in carica al culmine di una crisi del debito.

Monti, come Draghi, è stato inizialmente salutato come un salvatore nazionale, ma dopo aver superato drastici tagli di bilancio e una dura riforma delle pensioni i partiti si sono rivoltati contro di lui, il suo governo ha perso slancio e la sua popolarità personale è crollata.

Draghi, il cui mandato scade nel 2023, ha un grande vantaggio rispetto a Monti, mentre il secondo ha dovuto fare dei tagli, l’ex presidente Bce ha miliardi di euro di spesa extra da stanziare che fanno gola a tutti i partiti, a condizione che venga mantenuto lo slancio degli investimenti e delle riforme.

L’obiettivo della riforma fiscale differita è semplificare il sistema, ridurre l’imposta sul reddito e frenare l’evasione, mentre la legge sulla concorrenza è necessaria per garantire parità di condizioni per gli investimenti infrastrutturali nei porti, nelle telecomunicazioni e nella rete elettrica nazionale.

Entrambi sono ostacolati da litigi politici. Il governo, che ha detto che la riforma fiscale non peserà sui conti pubblici, vuole aggiornare il valore imponibile degli immobili italiani, che di solito è molto al di sotto dei valori reali di mercato.

A questo si oppongono la Lega e Forza Italia, partiti chiave della coalizione. Entrambi si presentano come strenui difensori dei proprietari di case e affermano che il piano del governo è inaccettabile perché si tradurrà in un aumento dei prelievi per la casa.

“Difendiamo il diritto di proprietà. Non è questo il momento di aumentare le tasse”, ha detto Antonio Tajani, vice capogruppo di Forza Italia.

Simili tensioni stanno bloccando la legge sulla concorrenza, con entrambe le parti che rifiutano i piani per liberalizzare le lucrose concessioni per l’esecuzione di servizi turistici sulle spiagge italiane.

Queste concessioni sono tradizionalmente di proprietà familiare e vengono tramandate di generazione in generazione, nonostante le ripetute richieste della Commissione europea affinché vengano offerte a gare d’appalto aperte.

Le enormi differenze nella coalizione di Draghi significano che tali controversie potrebbero solo peggiorare, con conseguenti ulteriori ritardi e riforme deboli. Prima o poi Bruxelles si stuferà dei nostri continui litigi e dissapori e ci dirà che non abbiamo fatto quello che abbiamo promesso, per dar vita ad uno dei possibili scenari peggiori: la preclusione dei fondi europei.

La burocrazia è un nemico assai ostico e sgradevole in Italia, ce n’è talmente tanta da far venire la nausea, ma, illudersi che sia l’unico nemico della nostra nazione è da illusi. La vera antagonista dell’Italia è e rimane la sua classe dirigente che, da destra a sinistra, è incapace di trovare accordi e compromessi che servono al Paese per andare avanti e risolvere i problemi.

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