Una ridda di voci, indiscrezioni e illazioni sembra caratterizzare la ricerca dei candidati a Sindaco per le elezioni amministrative che si svolgeranno nella città etnea il 28 e 29 Maggio.
La comunità assiste diffidente, sfiduciata e ironica alle dinamiche verbali nei partiti (si fa per dire!), mentre in realtà le indicazioni di possibili designazioni nascono quasi sempre dall’idea di personalità singole del mondo politico.
Dunque si mettono in campo i nomi più svariati, sia a destra che a sinistra, qualcuno si è pure trasferito da altre provincie della Sicilia occidentale, esibendo un amore incondizionato per la città, persino facendosi fotografare sorridente sui balconi della via Etnea alla festa della patrona S. Agata.
Però per risollevare le sorti di Catania non so se basta tutto ciò, non basta pregare l’amata Santuzza, magari non bisogna peccare di luoghi comuni, bensì occorre al più presto manifestare una volontà progettuale e un’intelligente lungimiranza che, a tutt’oggi questa classe politica, nessuno escluso, pare non possedere.
D’altronde infatti è davvero stucchevole la prassi di tirare in ballo dei nomi prestigiosi prima di contattarli e poi magari avere conferma che non sono disponibili a candidarsi da lungo tempo.
Per uscire dalla genericità si è fatto a più riprese il nome di Sebastiano Ardita, magistrato, ex componente del Csm, officiato per la candidatura prima dalla sinistra (C.G.I.L. e dintorni) e, poi, da ambienti della destra, nonché gradito anche a qualche ex pentastellato.
Mentre il piccolo dettaglio non da poco è quello che Ardita ha sempre negato o smentito a più riprese di essere disponibile a scendere nell’agone politico con ragioni che sono altresì nobili e coerenti con la sua storia personale.
Allora, nonostante tutto ciò, si inviano messaggeri della “borghesia cittadina” in modo strumentale anche se poi si sa benissimo che i candidati possibili o verosimili sono altri.
Catania ha una lunga e consolidata tradizione elettorale di voto moderato, non è certamente una città che mostra grandi tensioni ideali, in cui peraltro non esiste una coraggiosa classe di intellettuali che ha voglia di cambiamento.
La comunità è rassegnata al peggio, orfana del buon governo amministrativo, svilita dalle camarille, con un Ente locale al dissesto finanziario e con uno stato dei servizi in forte degrado.
Una città con enormi problemi sociali che nessuno sa o riesce a risolvere. Allora appare quanto meno paradossale che a questo gioco dell’oca ci siano intorno al tavolo sempre gli stessi personaggi, qualcuno di questi con gravi responsabilità per avere contribuito a provocare il disastro cittadino.
Di idee e progetti seri son pochi, meglio parlare di poltrone, nessun alito di novità all’orizzonte, solo bandierine da issare e da sbandierare quando sarà l’ora della vittoria. Niente paura però sotto “u liotru” domina come sempre un caos calmo.