Camillo Vittorio Prampolini nacque a Reggio Emilia nel 1859 da un’agiata famiglia borghese, venne educato secondo tradizione ai valori di fedeltà alla corona e al culto del cattolicesimo. Il padre, liberale e conservatore, diede appunto al figlio i nomi di due protagonisti dell’unità nazionale: Camillo e Vittorio, in omaggio a Cavour e a Vittorio Emanuele II. Mentre la madre a cui fu profondamente legato sul piano mentale ed emotivo gli trasferì i valori cristiani. Nonostante questa solide basi Prampolini si allontanò dalla fede cattolica sin dagli anni del liceo.
Si trasferì a Roma nel 1877 e poi a Bologna dove si laureò nel 1881 brillantemente in legge con una tesi su diritto del lavoro con il prof. Enrico Ferri. In tal modo si avvicinò alla conoscenza del positivismo europeo e frequentò assiduamente sia Ferri che Giuseppe Sergi e Roberto Ardigò. Questa formazione culturale fu fondamentale nell’avvicinarlo agli ideali del socialismo.
Quando ritornò a Reggio Emilia fu naturale per lui estraniarsi dalla borghesia e iniziò a frequentare gli ambienti anarco-socialisti collaborando con il giornale internazionalista locale Lo Scamiciato. In tale giornale esercitò la scrittura con articoli anonimi o con pseudonimi manifestò la sua idea del socialismo evoluzionista che si fondò sull’idea di uno sviluppo storico teleologico. Secondo questa visione, il socialismo si sarebbe affermato naturalmente con uno spontaneo processo evolutivo sociale e tramite la graduale espansione delle organizzazioni proletarie.
Cosicché, il passaggio al socialismo si sarebbe realizzato senza violenza, pacificamente e gradualmente. Fu profondamente anticlericale pubblicando sullo Scamiciato articoli anticlericali che provocarono la scomunica dei redattori da parte del vescovo di Reggio. Prampolini intrecciò rapporti epistolari con esponenti della cultura positivista e socialista italiani che furono Roberto Ardigò, Andrea Costa, Napoleone Colajanni, Antonio Labriola. Entrò comunque in forte intesa con le posizioni del socialismo riformista di Filippo Turati, con cui sin da subito fu legato da una stabile e duratura solidarietà umana e politica.
Fece l’ispettore assicurativo e l’assistente presso uno studio legale, per poi vincere nel 1889 un posto da vicesegretario presso la locale Camera di commercio. Mentre nel 1883 nel momento in cui morì la madre cominciò a manifestare i primi disturbi nervosi che lo avrebbero accompagnato tutta la vita. Finì la collaborazione nel giornale Scamiciato e iniziò la collaborazione a Reggio Nova, che fu un organo della prima cooperativa di consumo della città, sostenendo il cooperativismo come strumento per la trasformazione della società.
Si creò il settimanale La Giustizia che fondò nel gennaio 1886, cosicché, Prampolini, nella migliore tradizione del socialismo, si dedicò al giornalismo per radicare e sviluppare il socialismo. Il giornale La Giustizia di cui fu direttore e proprietario, diventò il mezzo per esprimere la sua concezione politica e per divulgare la dottrina socialista in modo semplice. Maturò in Prampolini questa idea che il socialismo dovesse contenere una retorica evangelica e lo presentò alle comunità rurali come l’autentico erede del messaggio di Cristo. In tal senso contrappose la morale sociale del cristianesimo delle origini al formalismo esteriore delle pratiche del culto cattolico. Prampolini fu un uomo carismatico e un ottimo oratore riuscì a svolgere un’azione di acculturazione dei ceti popolari intesa a promuovere l’associazionismo, il cooperativismo e l’organizzazione politica.
Lentamente si convinse della necessità di dare vita a un’organizzazione socialista che fondasse la sua azione sul gradualismo e la legalità rifuggendo dall’insurrezionalismo anarchico. Dopo questa decisa presa di posizione due anarchici reggiani organizzarono un attentato contro Prampolini il 15 febbraio 1889, sventato grazie a un amico. Fu eletto lo stesso anno a Reggio Emilia nello schieramento radical-socialista a consigliere comunale e provinciale. Successivamente, alle elezioni politiche del novembre 1890, fu eletto deputato in una lista radical-socialista per la circoscrizione plurinominale di Reggio Emilia che si chiuse la sua esperienze soltanto nell’autunno del 1926 con la fine del parlamento liberamente eletto. Fu sempre un socialista umanitario e rifiutò con determinazione inflessibile la violenza.
Nel corso dell’attività parlamentare, si fece carico di provvedimenti sociali e in favore della cooperazione, sostenendo il progetto per la municipalizzazione del servizio farmaceutico che fu sperimentata dal Comune di Reggio. Prampolini fu sempre in prima linea nel processo di unificazione delle varie anime del socialismo italiano. In un momento assai difficile della sua vita sia sul piano personale che materiale, fu chiamato a Milano da Turati alla direzione del giornale socialista Lotta di classe nel 1892 di cui fu direttore anche se preferì rimanere nella città natale. Nell’agosto del 1892 partecipò alla nascita nel congresso di Genova del Partito dei lavoratori in cui riaffermò in un intervento appassionato le ragioni della rottura tra socialisti e anarchici. La sua posizione nell’ambito del movimento socialista si rafforzò al punto che fu scelta Reggio Emilia come sede del secondo congresso del Partito dei lavoratori.
In occasione della repressione dei fasci siciliani del 1894 operò contro i provvedimenti antisocialisti adottati dalle autorità e si scagliò sempre contro la politica crispina. Nel 1894 fu processato e condannato a tre mesi di confino e nel 1899 in Parlamento fu impegnato contro l’introduzione dei provvedimenti eccezionali in un’aspra battaglia ostruzionistica partecipando al rovesciamento delle urne nella seduta parlamentare del 30 giugno. Fu raggiunto da mandato di cattura e costituitosi a Roma al carcere di Regina Coeli il 18 settembre, venne scarcerato il 1° novembre prima del processo a seguito del decreto di convocazione della Camera.
Fu nel marzo del 1902 che fece un’ulteriore svolta con un intervento che il presidente della Camera Giuseppe Biancheri definì di «apostolo di pace». In tale intervento spiegò la decisione dei socialisti di sostenere il governo presieduto dall’anziano leader liberal-radicale Giuseppe Zanardelli. Questa sua posizione coincise con l’avvicinamento al riformismo giolittiano nella speranza di consolidare il nascente municipalismo socialista. L’organizzazione prampoliniana, tra il 1899 e il 1902, con il laboratorio riformista e la municipalizzazione dei servizi, fu un’esempio importante e positivo che modificò gli assetti scoiali.
Infatti, l’espansione della cooperazione e il processo di municipalizzazione suscitarono la reazione degli ambienti borghesi locali. Mentre, nel giugno 1904, i socialisti furono sconfitti da una coalizione cattolico-liberale e Prampolini, nel gennaio 1905, fu battuto al ballottaggio da Giuseppe Spallanzani nel collegio di Reggio alle consultazioni politiche della XXII legislatura. Nel 1909 fu rieletto in Parlamento e si aprì la seconda fase dell’amministrazione socialista che consentì il radicamento associativo su base provinciale.
Nel 1912 si accentuò il contrasto con il sindacalismo rivoluzionario e anche lo spostamento del PSI al congresso di Reggio Emilia su posizioni estremiste 1912 nonché la guerra di Libia, di cui fu uno strenuo oppositore, furono per Prampolini motivo di amarezza e fallimento politico. Fu contro l’ingresso dell’Italia in guerra, Prampolini e si impegnò per attenuare gli effetti del conflitto muovendosi anche sul piano parlamentare per respingere le accuse rivolte ai socialisti per la rotta di Caporetto. Subito dopo la guerra, Prampolini, fu coerente con il suo pensiero e restò sostanzialmente fedele alle sue convinzioni impegnandosi nella critica alla rivoluzione sociale e alla dittatura del proletariato, mentre si attivò in favore del gradualismo riformista e il rifiuto dell’uso della violenza.
La dura condanna del bolscevismo fu oggetto di durissime critiche da parte dell’Ordine Nuovo di Antonio Gramsci e dello stesso Lenin che, nel 1920, lo indicò tra i dirigenti riformisti nemici della rivoluzione in Italia. Nel novembre 1919 Prampolini fu eletto per il collegio interprovinciale di Parma come portabandiera e simbolo di unità del partito e nel 1921 sostenne la corrente ‘concentrazionista’ del PSI riaffermando la necessità della prospettiva unitaria.
Fu oggetto di aggressioni fasciste e sfuggì per puro miracolo a un agguato squadrista nel marzo 1921 a Reggio Emilia. Mentre nel mese successivo subì l’assalto della sede della Giustizia. Alle elezioni politiche del maggio 1921 si dichiarò a favore dell’astensionismo per il gravissimo clima di violenza e illegalità.
Anche alla fine del 1922 pose fine alla sua esperienza di consigliere provinciale a Reggio Emilia, presiedendo l’ultima seduta del Consiglio prima che fosse sciolto a seguito degli attacchi fascisti. Per fronteggiare le violenze squadriste del fascismo nel 1922 Prampolini fu sostenitore della necessità che i socialisti collaborassero con le forze borghesi per ristabilire la legalità e le libertà statutarie.
Le divisioni all’interno del Psi sulla tattica da adottare divenne insostenibile e così prevalse alla guida del Partito la maggioranza massimalista nel XIX Congresso nazionale del PSI a Roma nel 1922. Successivamente, nell’ottobre del 1922, insieme con Filippo Turati, Giacomo Matteotti, Claudio Treves, Giuseppe Emanuele Modigliani, lasciò il PSI e fondò il Partito socialista unitario (PSU). Il quotidiano La Giustizia fu trasferito a Milano divenendo l’organo ufficiale della nuova formazione politica. Nel 1923 figurò coloro che firmarono la petizione rivolta al Parlamento in difesa della proporzionale e delle libertà fondamentali.
Nell’elezioni dell’aprile 1924 venne eletto per l’ultima volta deputato al Parlamento per il PSU per poi aderire, il 27 giugno, alla secessione dell’Aventino dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti. Fu costretto a sospendere le pubblicazioni della Giustizia e nel 1926 Prampolini insieme alla figlia e alla sorella, andò a Milano dove si impiegò nel negozio di un compagno socialista e dove pose fine all’attività politica pur continuando a rimanere sotto il controllo della polizia.
Gravemente malato di tumore, morì a Milano il 30 luglio 1930. Camillo Prampolini fu un vero e proprio ‘apostolo’ del socialismo umanitario che ispirò anche il movimento socialista moderno e riformista a cominciare da Bettino Craxi.