Berlusconi, l’eredità politica e il futuro di Forza Italia

Di Manuel De Maria

Le Roi est mort, vive le Roi!

No, non è una fra che mi si addice, neanche una che pronuncerei ma è la perfetta frase che ha riassunto l’Italia negli ultimi giorni.

Un connubio fra beatificazione e critica aspra, fra quel dualismo che ha creato egli stesso negli anni del “Berlusconismo”, dove chi non era di destra era “comunista”, termine chiaramente usato in ottica dispregiativa, nonché fomentatrice di dissapori, odi e scontri.

L’Italia spaccata in due, bianca o nero, buona o cattiva, dove per cattivo si intendono tutti i giornalisti chiamati a fare il loro lavoro ma che per Berlusconi erano contro e, ovviamente, la magistratura, le “toghe rosse”.

In questo numero della Gazzetta abbiamo parlato tanto, di Berlusconi, non tanto per ricordalo, quanto per permettere di ricordare. E ricordare è importante. Ma noi oggi ci dobbiamo occupare dell’Italia politica di domani e il futuro non è rose e fiori.

Forza Italia senza leader, Governo senza maggioranza?

Si parte dal principio: che fine farà Forza Italia? Il partito del Cavaliere, nato nel ’94, ha il merito d’essere uscito dai canoni della politica classica: non più “partito” di nome, quanto nella sostanza, ma capace di discostarsi da tutti quei valori che avevano fatto cadere la Prima Repubblica.

Eppure, il trono non ha più un Re. Berlusconi era Forza Italia, Forza Italia era Berlusconi da quasi 30 anni e il rischio è che la pesante personificazione nonché identificazione del partito in un unico uomo giochi un doppio ruolo che possa ritorcersi contro il gruppo azzurro: fuggi fuggi generale o, piuttosto, ricompattare l’ala moderata della destra che oggi, in Italia come in Europa, prende sempre più piede con un pesante estremismo (debole, dal punto di vista pratico)?

Forza Italia, nonostante tutto, ha portato avanti più successi che insuccessi, l’ultimo alle Politiche del 2022 in cui è stato registrato un 7% da non sottovalutare se rapportato ai sondaggi precedenti al voto, e il tesoro, in termini numerici, che lascia oggi l’ex Presidente del Consiglio non è per niente da sottovalutare.

Il Governo oggi si regge sicuramente su una maggioranza ferrea, alla Camera ed al Senato ma è proprio la compagine moderata della destra sovranista a tenere in piedi l’esecutivo.

Senza quei numeri non si va avanti e adesso qualcuno, necessariamente, dovrà prenderne le redini.

È già stato annunciato un congresso, fino al quale Antonio Tajani avrà il compito di traghettatore.

Un fatto assolutamente inedito, se pensiamo che, forse, solo negli ultimi tempi Forza Italia aveva cominciato a porsi il quesito di una successione di poteri ma che, fino a qualche anno fa, nessuno immaginava.

Ma, ci sono dei ma. Anche dentro il partito sorgono delle perplessità: cofondatore di Forza Italia, Giuliano Urbani lo ha definito «un partito di maggiordomi senza futuro».

La figura di Tajani, per quanto autorevole, non appare carismatica né in grado di tenere uniti i cocci di quelli che sono gli esponenti più vicini alla destra, come Licia Ronzulli, da tempo ipotizzata come possibile successore nonché fedelissima di Berlusconi, o altri forzisti che però potrebbero seguire la strada intrapresa dalle ex Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini.

Un volto noto, sicuramente di grande spessore, è quello di Gianfranco Micciché, coordinatore in Sicilia e uno degli esponenti più importanti di quella che, ancora oggi, è la roccaforte di Forza Italia.

L’ultima parola spetta però alla ormai ex compagna Marta Fascina, eletta in quota FI in Sicilia e possibile detentore delle redini del partito.

Destra o centro? Matteo Renzi è il playmaker

Il destino di Forza Italia, del centro e del centrodestra è in mano al playmaker della politica italiana: Matteo Renzi.

Il sempreverde “figlio” erede di Silvio Berlusconi si trova in netta posizione di maggioranza.

Dopo la rottura – non formalizzata in Parlamento ma già accordata – fra Renzi e Calenda, che di fatto adesso andranno su strade diverse, seppur parallele, il leader di Italia Viva proverà ad inglobare l’area forzista che fa riferimento all’ala riformista, moderata di un centrodestra che ha voglia di cambiare senza però muoversi molto all’interno dell’emiciclo.

L’intenzione di Renzi è chiara: captato il momento ideologico e politico che sta attraversando il nostro paese, con una destra sempre più a destra e una sinistra disgregata, abbandonata a sé stessa in cui il Partito Democratico viene considerato il nuovo partito di sinistra estremista e radicale del paese (solo secondo la narrazione avversaria, però) e il Movimento 5 Stelle sembra (forse lo è) un partito dai grandi movimenti scacchistici, un po’ stoffa di bandiera che si fa indirizzare dal vento del momento, Italia Viva adesso punta a cannibalizzare il centro, moderato e calmierato rispetto ai due poli che stanno venendo a formarsi.

È chiaro – lo è sempre stato – che Renzi non ingloberà tutta Forza Italia né, tantomeno, che gli azzurri possano scegliere l’ex sindaco di Firenze come prossimo leader ma la componente alleanze sarà fondamentale e di grande rilievo.

D’altronde, lo stesso Berlusconi si riferiva a Renzi dicendo che egli “appartiene ad una metà campo non sua” e, dal momento della sua morte, Renzi sta dolcemente corteggiando l’elettorato dell’area politica di riferimento del Cavaliere che adesso dovrà trovare, se non una nuova casa, sicuramente un nuovo leader.

La provocazione è quella di sempre: Forza Italia Viva!

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