Mentre il governo si riempe la bocca con battaglie sul pos e contro il cosiddetto “sistema”, ecco che i vincitori dell’esecutivo Meloni emergono come escrementi da un fiume.
In tempo di crisi chi più ha più deve dare e il tema extraprofitti, legati soprattutto all’aumento dei tassi d’interesse e dei mutui, non fa parte dell’agenda Meloni.
Le banche ringraziano, anche beneficiando dell’aumento della spesa nel 2022 che ha permesso loro di alzare i costi per la gestione del conto corrente: la cifra è cresciuta di 9,3 euro rispetto all’anno precedente, raggiungendo quota 104 euro.
L’aumento è legato alla crescita sia delle spese fisse che di quelle variabili, che contribuiscono per il 63,4% e per il 36,6% all’incremento totale. Bankitalia precisa, inoltre, che la crescita per i conti online è stata invece molto minore: solamente 0,7 euro in più, per un importo di 33,7 euro. Per i conti postali la spesa è passata da 58 a 59,6 euro.
I rincari vengono ritenuti inaccettabili dalle associazioni a difesa dei consumatori. Per il presidente di Assoutenti, Gabriele Melluso, questi aumenti sono “del tutto ingiustificati”: si parla di “un incremento molto forte di cui non si comprende la ragione, la digitalizzazione dei servizi bancari e il crescente ricorso a conti online, app e home banking da parte degli utenti, hanno di fatto portato a una generalizzata riduzione dei costi in capo alle banche, che avrebbe dovuto determinare un conseguente abbattimento dei costi praticati ai cittadini”.
Invece si registra “un fortissimo incremento della spesa per la gestione dei conti correnti a discapito degli utenti, che appare oggettivamente ingiustificato, e su cui sarebbe bene indagare”.
Anche Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori, trova che questi aumenti siano inaccettabili, si parla di “rialzo spropositato” ricordando che l’incremento del 9,8% è “ben superiore al tasso di inflazione medio, che nel 2022 è stato pari all’8,1% sia per l’indice Nic che per il Foi senza tabacchi”.
Per Dona, quello “che più è inaccettabile, in particolare, è l’aumento delle spese fisse cresciute di ben 5,9 euro nel 2022 e che erano già salite di 2,8 euro nel 2021 e 4,3 euro nel 2020, costi che gravano indiscriminatamente anche su chi ha una bassa operatività e fa un basso numero di operazioni”.
Il Codacons sottolinea che la spesa per la gestione di un conto corrente è cresciuta del 31% in cinque anni a fronte di un’inflazione, nello stesso periodo, dell’11,6%.
Nel 2017 la spesa di gestione di un conto si attestava a 79,4 euro, con le spese fisse che sono passate “dai 52,8 euro del 2017 ai 72,8 euro del 2022, con un incremento del +37,9%, mentre quelle variabili salgono da una media di 26,6 euro di cinque anni fa a 31 euro (+16,5%)”.
Insomma, un tema che contrasta nettamente gli slogan usati in campagna elettorale dalla premier. Della serie, la pacchia è finita. È finita sul serio per i poveracci che possiedono un controcorrente, al contrario, è un periodo d’oro per gli istituti di credito. La festa è appena cominciata.