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Adil Belakhdim, vittima di un sistema di cui siamo responsabili

by Maurizio Ciotola

Adil Belakhdim, era un lavoratore che assolveva al compito mai facile del sindacalista, in una veste non mutata da quella originaria, cui invece gran parte dei sindacati confederali sono da tempo.

Adil è stato ucciso da un altro lavoratore, esasperato da un contesto economico e sociale, di cui tutti dobbiamo sentirci causa e parte, nell’aver acconsentito a questa deriva.

Probabilmente i media fra due giorni non parleranno più di Adil Belakhdim, del perché lui, rappresentante sindacale dei Si Cobas nell’ambito della logistica protestava, stava guidando la protesta nell’indifferenza di CGIL,CISL e UIL.

Nel 2021 vi siamo giunti registrando ancora innumerevoli morti sul lavoro, a causa di una rimozione dei sistemi di sicurezza, come è stato per la giovanissima Luana D’Orazio, allo scopo di accelerare la produzione in fabbrica.

O alla strage della funivia sul Mottarone, causata dalla esclusione dei freni di sicurezza, previsti sul cavo portante e funzionali al blocco della cabina, in caso di rottura del cavo di trasmissione, per impedire ciò che è banalmente avvenuto, causando la morte di quattordici persone.

Ci siamo già dimenticati di quel 14 agosto del 2018, in cui il crollo del ponte Morandi causò quarantatré morti e un postumo disastro nella viabilità.

Sono tre casi evidenti, perché recenti o per la loro entità, che costituiscono solo la punta dell’iceberg del disastro, cui la deregolazione e il neoliberalismo sono causa.

E non in senso astratto e impersonale, poiché gli attori principali, coloro che hanno attuato e smantellato il nostro sistema regolatorio, per ammettere un suo superamento, sono in parte presenti in Parlamento, evidentemente in una destra che liberale non è, quanto nel Pd e in parte considerevole nei sindacati confederali.

Soprattutto nelle funzioni apicali delle istituzioni, inclusa la Presidenza del Consiglio.

In questi giorni alcuni parlamentari, non i partiti, si sono giustamente opposti allo sblocco dei licenziamenti, previsti per l’emergenza pandemica in corso.

Con un colpo di mano questa opposizione interna alla maggioranza di governo è stata spazzata via.

Il Pd, guidato dal suo segretario Enrico Letta, e il Movimento 5 stelle, quello che aveva eliminato la povertà per legge, hanno steso un tappeto rosso di fronte alla irresponsabile richiesta di una confindustria malata e arrogante.

La povertà non solo non è stata eliminata, ma il lavoro è diminuito, la crisi per alcuni settori è lampante, e i progetti di mutazione economica di un parco produttivo ancorato al XX secolo, sono solo velleità maldestramente definite sulla carta.

Questo i giornalisti lo sanno, i colleghi che per poter sopravvivere sono costretti a scrivere ciò che è gradito all’editore/industriale, pur di continuare il proprio mestiere.

Perché anche per i giornalisti la vita è grama, almeno per coloro che stanno fuori dalla redazione e ricevono qualche centesimo per ogni battuta, sempre ché ottemperi al disegno editoriale.

Il quale collima nella maggior parte dei casi con quello di una economia selvaggia che irride i diritti dei lavoratori, oltreché dei cittadini.

Siamo giunti a questo pericoloso stadio del sistema, compiendo dei passi sostenuti da una “main stream”, che dettava e detta il tempo ai vari “suonatori” di questa complessa orchestra, sociale e politica, cui i pochi oppositori sono stati espulsi o denigrati.

E se lo sono stati, espulsi o denigrati, è perché i “suonatori” mediocri hanno voluto approfittare delle attenzioni di quel sistema dominante, per cercare di frane parte.

In questo contesto di smantellamento delle tutele, quel che esiste dei partiti o movimenti politici, unitamente ai sindacati confederali, vi è una solidarietà: la solidarietà nell’ammettere questa devastazione sociale ed economica, visibile a chiunque voglia prenderne atto.

Sicuramente la magistratura farà il suo corso, condannando o assolvendo gli imputati, che penalmente sono comunque responsabili di fronte a qualsiasi illecito penale.

Ma, gli eventuali condannati sono parte di questo sistema degenerato a causa di una solidarietà inversa, ovvero finalizzata all’abbattimento delle tutele.

Una solidarietà inversa e perversa, finalizzata all’ascendere senza merito, ma servilmente, gerarchie funzionali ampiamente gratificate.

Ascese continue che si posano sui cadaveri, sui sacrifici e sull’emarginazione, cioè su quello contro cui Adil Belakhdim combatteva e tanti altri si oppongono, con un forte impegno di solidarietà.

Caro Presidente Draghi, egregio Presidente Mattarella, segretario del Pd Letta, Sig. Ministro Di Maio, e anche voi segretari di CGIL, CISL e UIL, la morte di Adil, di Luana, delle quattordici vittime del Mottarone o dei quarantacinque morti del ponte Morandi, non sono causa del fato o di azioni incontrollabili compiute da persone pericolose, ma della condizione che determina un sistema di cui siete, per la parte che vi compete, responsabili.

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