7 febbraio 1497, i seguaci di Savonarola bruciavano la “Storia” con il “Falò delle vanità”

Di Eugenio Magnoli

Il 7 febbraio 1497, dopo la la cacciata dei Medici, i seguaci del frate domenicano Girolamo Savonarola, presero e bruciarono pubblicamente migliaia di oggetti nella città di Firenze, durante la festa del martedì grasso.

Savonarola fu un uomo di chiesa, politico e predicatore italiano. Era appartenente all’ordine domenicano e acquistò grande consenso profetizzando sciagure per Firenze e per l’Italia, e, marciando sulle paure della gente, diede vita ad un modello di governo popolare “largo” per la Repubblica fiorentina instauratasi dopo la cacciata dei Medici.

La “missione” di questa ignorante cricca, istruita direttamente da Savonarola, era quella di eliminare qualsiasi oggetto considerato potenzialmente peccaminoso, oppure inducente allo sviluppo della vanità, includendo articoli voluttuari come specchi, cosmetici, vestiti lussuosi, e anche strumenti musicali.

Ma il peccato peggiore di cui si macchiarono questi terroristi della cultura si manifestò al momento del rogo fatto con libri ritenuti “immorali”, con manoscritti contenenti canzoni “secolari” o “profane”, e con dipinti antichi.

Tra gli oggetti più preziosi andati bruciati quel 7 febbraio vi furono alcuni dipinti originali che trattavano temi della mitologia classica. Opere che per colpa di quel pensiero unico, bigotto e troglodita non potremo visionare mai.

Quindi, guai dimenticare! Il 7 febbraio 1497 è una data importantissima da ricordare, affinché le repressioni di idee, delle culture e dei popoli non avvengano più in futuro.

Ma vedendo la società odierna e il mainstream incanalato dal Politically correct, non si è imparato poi molto da quella triste vicenda.

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